GROSSETO – Legalizzare l’uso della cannabis: se ne parla da tempo. Memorabili al riguardo le battaglie di Marco Pannella, lo storico leader dei radicali italiani, e, negli anni successivi, il pugno di ferro della Bossi-Fini.
Oggi in Italia la situazione è ibrida: oltre che per scopi terapeutici, la cannabis viene di fatto utilizzata in versione light, con livelli molto bassi del suo principio attivo, il thc. Per intenderci, siamo sotto la soglia dello 0,6 per cento di thc. Mentre una “canna” tipica si aggira su un contenuto di thc del 18 per cento. Assolutamente innocuo, secondo alcuni, potenzialmente destinato ad aprire a future dipendenze, secondo altri.
Ma è giusto liberalizzare completamente l’uso della cannabis, anche a scopo ricreativo?
Sull’argomento si scontrano due correnti di pensiero nette.
Abbiamo rivolto questa domanda a Michele Bottoni, membro della giunta nazionale Radicali italiani e dell’assemblea Meglio legale; e all’onorevole di Fratelli d’Italia Fabrizio Rossi, punto di riferimento del partito di Giorgia Meloni a Grosseto e Siena. Buona lettura.
Michele Bottoni.
Per affrontare seriamente un dibattito sulla legalizzazione della cannabis è necessario partire dai dati: secondo l’Istat, l’italia conta 5 milioni di consumatori. Lo Stato spende annualmente 700 milioni di euro per combattere un mercato che intanto ne guadagna 6,5 di miliardi e dove la ‘Ndrangheta fa affari d’oro.
Oltre il 90 per cento della cannabis venduta a nero è contaminata da sostanze come ammoniaca, lacca, lana di vetro e piombo.
Un terzo dei detenuti si trova in carcere per violazione del Testo unico sulle droghe, soprattutto per i reati legati alla cannabis che rallentano e intasano procure e tribunali. Inoltre, l’Organizzazione mondiale della sanità ha raccomandato di rimuovere la cannabis dalla tabella IV (“sostanze particolarmente dannose”) e inserirla, in determinate forme, nella tabella III (“sostanze con valore terapeutico e basso rischio di abuso”) e il thc (il principio attivo) è stato rimosso dalla Convenzione sulle sostanze psicotrope del 1971.
Il sistema proibizionista voluto dalla Bossi-Fini equipara tutte le sostanze, crea un contesto di necessaria vicinanza tra consumatore e criminalità potenzialmente pericoloso per tutti. La legalizzazione non promuove il consumo, ma mira a fornire accesso a prodotti controllati e sicuri, a ridurre il mercato illegale e a recidere così i legami che si creano tra cittadinanza e criminalità, piccoli spacciatori facilmente sostituibili dalle organizzazioni criminali.
E poi, l’esperienza dei paesi che hanno legalizzato dimostra che proibire solo la vendita ai minori consente controlli più efficaci, miglioramenti della sicurezza e salute dei cittadini e in alcuni casi addirittura la diminuzione del consumo.
Altro dato rilevante è che secondo l’Istituto superiore di sanità sono 17mila le morti annuali causate dall’alcol, grande assente in ogni discussione che abbia a oggetto le sostanze: gli stessi partiti attualmente al governo mostrano la propria ipocrisia parlando di cannabis che “buca il cervello” e uccide le nuove generazioni, ma negando categoricamente che lo stesso accada anche con l’alcol.
La situazione che si delinea sembrerebbe quella di una politica non interessata alla salute dei cittadini ma solo ai possibili voti delle corporazioni dei produttori del vino e alla stima nazional-popolare che credono ne derivi.
L’esempio più eclatante di questo atteggiamento ipocrita è la vicenda di Fratelli d’Italia, che se da una parte celebra la “Giornata mondiale contro le droghe” (che in realtà si chiama “Giornata internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di droga”); dall’altra parte accoglie una donazione di 200mila euro dagli Hager, azionisti della Southern Glazer’s Wine and Spirits, azienda che rifornisce di prodotti a base di cannabis molti punti vendita canadesi.
Al di là di un giudizio morale, il fallimento del modello proibizionista che ci viene proposto da un secolo è sotto gli occhi di tutti: i consumi sono aumentati e le sostanze sono sempre più dannose. Per il bene dei cittadini e del nostro Paese è l’ora di utilizzare un approccio non ideologico e tentare una diversa strada davvero razionale: la legalizzazione.
Fabrizio Rossi.
L’uso della droga fa male alla salute e provoca effetti deleteri: basterebbe questo assunto, non confutabile, per concludere ogni dibattito.
La mia contrarietà alla liberalizzazione della cannabis è dunque totale.
Da studi effettuali da esperti del settore nel 2020, oltre il 25 per cento degli studenti ha riferito di aver fatto uso di cannabis almeno una volta nella vita, oltre il 19 per cento l’ha usata nel corso dell’ultimo anno e l’Italia risulterebbe al primo posto in Europa per uso di cannabis tra giovani quindicenni.
Questi numeri si traducono spesso in disastri nella vita dei giovani e in disagio sociale nelle nostre città. Anche in Europa, sempre lo stesso studio fa emergere stime preoccupanti in quanto circa 83 milioni di adulti (di età compresa fra 15 e 64 anni), ossia il 28,9 per cento, ha assunto sostanze illecite almeno una volta nel corso della propria vita.
E la droga provata più di frequente è proprio la cannabis (47,6 milioni di maschi e 30,9 milioni di femmine). Per questo ai nostri adolescenti e ai giovanissimi servono modelli educativi positivi, che li portino a sviluppare creatività, idee, socialità, lontani dalle dipendenze da qualsiasi droga. I giovani rappresentano il futuro della nostra nazione. L’uso in generale di sostanze stupefacenti, e la cannabis è tra queste, di fatto cancella una buona parte della gioventù non solo italiana, ma europea.
Come Fratelli d’Italia oltre a essere contrari all’uso delle droghe – e qui il termine droghe e dipendenze potrebbe essere inteso in maniera molto più ampia – siamo certamente contrari all’uso della cannabis, se non per gli utilizzi già consentiti ai fini terapeutici, in quanto il rischio per i nostri ragazzi è troppo alto per poterci avventurare ulteriormente in liberalizzazioni che vadano a colpire la salute e la vitalità dei più giovani. Banalizzare questi temi è un po’ legalizzare. E legalizzare l’uso della cannabis vorrebbe dire aggravare il problema, non risolverlo.
Anche la nostra leader Giorgia Meloni, alcuni giorni fa, nel corso della Giornata mondiale contro la droga e le dipendenze, ha ribadito il concetto: “La droga fa male sempre e comunque, ogni singolo grammo di principio attivo che consumi si mangia un pezzo di te”. Pertanto, la battaglia contro la droga non è una battaglia ideologica fine a se stessa, bensì una battaglia di civiltà. La droga, anche quella definita da alcuni “leggera”, è un male che affligge la nostra società, e l’eventuale legalizzazione della stessa, non è altro che figlia di una cultura liberticida – infatti ogni droga mortifica la libertà dell’individuo e crea delle dipendenze – opposta a quella che starebbe alla base dei ragionamenti dei promotori.
Certamente tutto questo non fa parte del Dna della destra. La nostra unica droga deve essere la voglia di vivere, amare la vita. Per questo sarò sempre contrario sia al consumo che al traffico e cessione di sostanze stupefacenti. E per gli spacciatori che ammorbano le coscienze dei giovani auspico pene severissime.
Ai nostri figli dobbiamo insegnare il profumo della libertà e la voglia di futuro. Un futuro privo di ogni tipo di dipendenza.