GROSSETO – Pronti a iniziare il nostro viaggio alla scoperta delle cantine del territorio maremmano. Un percorso che attraversa i luoghi significativi, passando in rassegna tradizioni e sapori. Tutto questo ve lo racconteremo in questa nuova rubrica, “La Maremma nel bicchiere”. Dall’entroterra alle zone costiere, la Maremma è uno dei territori più ricchi in termini di varietà e diversità e vi presentiamo un primo spaccato della realtà vitivinicola di questo territorio selvaggio. Ce lo racconta in un’intervista Luca Pollini, il direttore del Consorzio tutela vini della Maremma toscana.
«Delle dieci denominazioni della provincia -dice -, quelle che hanno un consorzio che le tutela sono la Maremma Toscana che è la più vasta, le due del Montecucco, la Docg Morellino di Scansano e, infine, le due della zona del tufo, vale a dire le Doc Sovana e Bianco di Pitigliano».
«Non tutte sono tutelate da consorzio – prosegue Pollini -. Un caso a parte è quello dell’azienda Antica fattoria La Parrina che ha creato una sua Doc aziendale, che si chiama La Parrina doc e in Italia rappresenta un esempio abbastanza unico. Se ci spostiamo nella zona nord abbiamo il Monteregio di Massa Marittima e scendendo più a sud ci sono la doc Capalbio e la doc Ansonica costa dell’Argentario. Un quadro abbastanza complesso che conta 10 denominazioni, di cui 1 Docg, 7 Doc e 2 Igt»
Andando a vedere nel dettaglio, i numeri significativi sono per lo più legati alla doc Maremma toscana che ha 8400 ettari rivendicati; la segue la Docg Morellino di Scansano, che ha un albo contingentato con un blocco di massimo 1400 ettari di superficie. Ma nel complesso su 9000 ettari di superficie vitata della Provincia di Grosseto, circa il 50% di superficie vitata è Igt, mentre il resto è doc rivendicata.
«Quando si parla di Toscana – aggiunge il direttore del Consorzio – si pensa al Sangiovese come alla varietà prevalente, dato che vini come il Brunello o il Chianti, sono prodotti con queste uve. Tuttavia, quando si arriva in Maremma il quadro cambia: ci troviamo in territori caldi e il sangiovese può soffrire il calore eccessivo, mentre si adattano meglio in altitudine. Pertanto, in Maremma non è il vitigno prevalente, non raggiunge il 50% della superficie. Al contrario, qui troviamo una situazione più eterogenea: ci sono tanti Merlot, Syrah, Cabernet sauvignon. Il ciliegiolo che ha 300 ettari in Maremma. Tante uve bianche e quasi tutte Vermentino, che in termini di superficie vitata ha superato la Vernaccia di san Gimignano, conosciuta come l’isola bianca della Toscana. E poi il Trebbiano, il Viognier e vitigni internazionali»
Merita un discorso a parte lo sviluppo dei vini rosati, che stanno diventando un vero trend.
«Quella dei rosati – commenta Pollini – è una delle tipologie previste dalle doc. In questo momento, siamo a 250 mila bottiglie prodotte in Maremma, su 7 milioni: una percentuale in crescita. Oramai tantissime aziende del territorio hanno almeno un rosato, ci sono cantine che ne producono anche più di uno. E mentre in altre zone Toscane il rosato è quasi tutto prodotto con uve Sangiovese, in Maremma si utilizzano anche varietà come Syrah Grenache, Alicante, Ciliegiolo».
Tendenza che va incontro ai nuovi gusti del consumatore, ma che è alimentata anche dalle qualità climatiche del territorio maremmano.
«La Maremma – precisa – ha molte analogie climatiche con la Languedoc Roussillon e la Provence dove c’è la fetta più importante e prestigiosa di vini rosati francesi. Se guardiamo i rosati in quella zona sono fatti con varietà usate anche in Maremma. Inoltre, sta crescendo la fetta di consumatori che prediligono bianchi e rosati, mentre i rossi strutturati e alcolici stanno subendo una crisi anche sui mercati esteri. Il consumatore a livello nazionale preferisce i vini più freschi e semplici e molte aziende si stanno orientando ad avere rosato su propria gamma di vini, oltre alla produzione di bianchi. Si cerca una maggiore leggerezza dei vini».
A questo, infine, si somma un fattore economico. «Per un rosato fatto bene – conclude il direttore del consorzio tutela vini della Maremma toscana -, si usano uve a bacca nera, che non vengono quindi destinate a produzioni di vini rossi che necessitano di affinamenti lunghi immobilizzando un capitale. Diversificare la produzione economica usando uve nere, invece, consente di avere entrate anche a inizio anno. Il rosato si beve in annata al 95% e molte aziende realizzano una parte importante di questo prodotto, che può essere immesso sul mercato già da gennaio-febbraio».