GROSSETO – Quella che pubblichiamo, di seguito e per intero, è la lettera di uan madre. Una madre informata, attenta, e proprio per questo ancora più indignata, per l’odissea che sta vivendo con il suo bambino. «Dobbiamo combattere con le istituzioni, con la burocrazia, per ottenere quelli che lo Stato ha dichiarato diritti» racconta. Di seguito la lettera in cui racconta, lucidamente e con precisione, quanto affrontato dal 2020 ad oggi.
“Nel 2020 entriamo nel percorso asl per ottenere un trattamento logopedico. Facciamo la prima valutazione neuropsichiatrica con una dottoressa a febbraio. Ad agosto veniamo chiamati per la valutazione logopedica, dopo qualche mese dalla valutazione veniamo chiamati per iniziale il trattamento. Facciamo il nostro trattamento ed a fine di questo ripetiamo la valutazione neuropsichiatrica con la stessa dottoressa dell’anno precedente. Dalla valutazione ritiene che debba essere integrato un percorso anche di psicomotricità per cui facciamo la valutazione con la neuropsicomotricista e cominciamo ad affiancare i due percorsi. L’anno successivo, in seguito alle sollecitazioni della scuola facciamo il controllo neuropsichiatrico, con una nuova dottoressa, poiché la precedente è stata (o ha richiesto di essere) trasferita. Lei, dopo avergli esposto le difficoltà dimostrate a scuola, ci indirizza presso uno psicologo, per un altro tipo di valutazione. In estate ci ritroviamo per decidere come procedere per l’ingresso alla primaria, tale dottoressa si prende in carico di fare la relazione da mandare alla scuola, ma anche lei viene (o richiede di essere) trasferita, e non lo fa. Per cui lo psicologo si prende in carico di fare lui tale relazione e partiamo.
Ad oggi il bambino continua ad essere seguito da questo dottore, senza avere un neuropsichiatra di riferimento, figura necessaria in questa fascia di età quando non si è ancora arrivati ad una diagnosi definitiva.
A questo si aggiungono i tempi biblici dell’asl per ottenere le visite, date le lunghe liste di attesa ed il poco personale.
Come ciliegina sulla torta c’è la segreteria della neuropsichiatria, che funziona a singhiozzi. Chiusa per mesi, da poco ripartita, poco e male. Mi chiamano per ritirare un certificato e firmare un progetto di psicomotricità il 17 maggio, ci vado tempestivamente, il giorno successivo. Mi chiamano il 14 giugno (non riescono a contattarmi al numero al quale mi hanno contattata, mi mandano una mail per chiedermi il numero, glielo rimando e ci riescono subito… bah) per firmare il progetto. Ci vado il giorno dopo, facendo presente che lo avevo già firmato. Mi campano in aria motivazioni vaghe “mah… forse il dottore ha ritenuto di apportare delle modifiche…” un mese dopo? Lo stesso dottore?
Mi contattano il 21 giugno dalla struttura che deve prendere in carico il bambino dicendomi che il progetto non è ancora arrivato per cui richiamo la neuropsichiatria e la risposta che mi viene data dalla segreteria è “la segretaria è in ferie, io sono una sostituta e non ho nessun tipo di credenziali per poter trasmettere nulla, bisogna che aspettiate lunedì quando rientra lei”. Chiedo di parlare con il dottore che dirige il reparto, ma anche lui è in ferie. Sacrosante per tutti, e ci mancherebbe altro.
A questo punto decido di scrivere una segnalazione all’urp.
Mi viene risposto che tale segnalazione è stata trasmessa al direttore del reparto per la presa in carico del problema.
Il giorno seguente (oggi) mi reco personalmente in segreteria, dove la sostituta della segretaria mi spiega che sul progetto manca la firma del primario, che sarà presente domani (venerdì 23 maggio) e che poi lunedì, al rientro della segretaria “di ruolo” saranno trasmessi i progetti alle strutture di competenza. Vado via, vengo chiamata nuovamente perché, per la terza volta, devo firmare il progetto, che non risulta firmato. Progetto che io ho firmato esattamente 7 giorni fa, e che sono certa riguardasse mio figlio, poiché l’ho letto tutto.
A ciò si aggiunge la beffa del privato. Data la situazione, non riuscendo a trovare un medico nella asl che riuscisse a diagnosticare la situazione di mio figlio, mi rivolgo ad una dottoressa privata. Tale dottoressa, proveniente da una struttura molto importante nell’ambito della neuropsichiatria infantile, visita a Grosseto circa una volta al mese. Prendiamo appuntamento a febbraio per il 30/31 di marzo. Dopo un’ora e mezzo di anamnesi, eseguita tramite domande a noi (2 o 3 domande al bambino) e le varie relazioni che io le fornisco, redatte dai terapisti che seguono il bambino, mi esprime la sua idea, ma mi dice che ritiene necessario che prima di parlare di diagnosi, il bambino venga valutato nel complesso presso la struttura importante. Mi dice quindi di contattarla la settimana successiva, così che lei potesse riempire la scheda in struttura e io avrei potuto poi chiamare il cup per mettermi in lista di attesa. Quando la contatto mi dice che la lista di attesa è lunga, si va a fine 2024, ma poiché noi siamo toscani e la struttura è in toscana, siamo registrati anche in una lista di attesa per le riserve, così che se ci fossero disdette potremmo essere richiamati prima. Questo perché è più facile che un toscano sia disponibile oggi per domani.
Chiamo il cup e la risposta del cup è “signora ma lo sa che si va al 2026?” ed io rispondo che la dottoressa mi aveva parlato del 2024. Mi dicono che no, si va al 2026 perché il bambino ha meno di 8 anni. Mi metto comunque in lista, e ricontatto la dottoressa dicendole quanto mi hanno riferito. La sua risposta è stata “ok”.
Le rispondo “ok, i tempi sono lunghi ma io nel mentre cosa faccio? Sono disposta a seguire un percorso anche privatamente, ma ho bisogno che qualcuno mi indichi gli step da seguire”.
Nessuna risposta. 160 euro per dirmi che la valutazione deve essere fatta in struttura, tra 3 anni, 2 se sono fortunata con le rinunce.
La valutazione prendeva anche in esame la possibilità di fargli ripetere la prima elementare. Però lo decidiamo tra tre anni se è il caso di farlo o no.
Si apre poi la parentesi sulla richiesta del sostegno. Anche questa molto significativa. Iter per la richiesta del sostegno: il pediatra deve fare la richiesta per la valutazione neuropsichiatrica, che deve tirare fuori una diagnosi per poter richiedere l’insegnante di sostegno. Noi non abbiamo il neuropsichiatra, come detto sopra, per cui lo fa lo psicologo. Il neuropsichiatra poi redige un certificato, che deve essere poi portato al pediatra, che inserisce il certificato sul portale dell’inps e crea un certificato per la richiesta dell’invalidità. Dopodichè le strade sono due, o autonomamente si fa richiesta sul portale dell’inps, o ci si rivolge al caaf, che inserisce la domanda. Io ho seguito la seconda strada. Inserita la domanda, teoricamente entro 30 giorni dovrebbe arrivare a casa una raccomandata di convocazione in commissione medica, o in alternativa una richiesta di documentazione medica. Oggi, 29 giorni dall’inserimento della domanda, nessuna raccomandata pervenuta. Solo una mail di risposta alla mia richiesta di notizie, in cui mi viene detto “sarete convocati per luglio”. Le richieste di personale la scuola le fa a inizio luglio, per cui noi a settembre non avremo l’insegnante di sostegno (sempre che la commissione medica decida che la domanda sia lecita e ci spetti). Forse a dicembre…
Insegnanti di sostegno che, non essendo di ruolo, potrebbero cambiare ogni anno. E per quelle situazioni dove i bambini hanno difficoltà relazionali è un disagio importante. Ma a anche nelle situazioni meno difficili, in quanto ogni anno il nuovo insegnante deve conoscere i bambini, trovare i giusti approcci, capire come lavorare al meglio ecc…
Mio figlio è un bambino fondamentalmente sano, con una situazione di piccoli disturbi (linguaggio, motori e attentivi) che ne stanno compromettendo una crescita ed un apprendimento regolare. Crescita che con il giusto supporto potrebbe invece farlo arrivare ovunque, come tutti i bambini della sua età.
Ed invece tocca combattare con le istituzioni, con la burocrazia, per ottenere quelli che lo Stato ha dichiarato diritti. Diritti che oltretutto non spettano se ci si rivolge a strutture private, perché se il medico che redige la diagnosi non è convenzionato asl, la sua valutazione non ha valore.
Devo essere io a richiedere, devo essere io a ricordare ai medici, alle segreterie, l’esistenza di mio figlio. Devo essere io a fare reclami, perché i reclami dei medici stessi vengono ignorati.
Intanto svolgere un percorso di psicomotricità privata, a pagamento, per evitare che i tre mesi di pausa che la asl prevede non diventino 6 o anche di più.
E questa è solo la mia storia”.