SCANSANO – «Sono passati tre mesi e la pazienza è davvero finita, è arrivata l’ora di denunciare il silenzio imbarazzante e preoccupante della Regione». La voce è quella di Maria Bice Ginesi, sindaca di Scansano.
«Era marzo quando ho chiesto un incontro urgente alla Regione Toscana per avere risposte chiare, esaustive e definitive sui progetti di ricerca geotermica nel comune maremmano – prosegue la sindaca -. Perché “malgrado le vostre dichiarazioni (scrissi quando arrivarono ai proprietari dei terreni interessati dai permessi le notifiche delle richieste di esproprio) la procedura va avanti. E le vostre risposte ad oggi non sono state chiare”».
«Tre mesi e da Eugenio Giani, Monia Monni, Leonardo Marras, Stefania Saccardi e Antonio Mazzeo, destinatari della richiesta di incontro, non è arrivato nessun appuntamento malgrado diversi solleciti. Ribadisco – dice Ginesi – che abbiamo aspettato anche troppo. Esigiamo risposte, pronti a manifestare tutta la nostra preoccupazione e rabbia. La vicenda è kafkiana: la Regione ha definito tutto il territorio di Scansano, come Magliano, “non idoneo” allo sfruttamento della risorsa geotermica in considerazione della sua economia basata su produzioni agricole ed alimentari di pregio e un turismo che attorno ad esse ruota. Ma, in virtù di un regio decreto del 1927 sulla ricerca mineraria ha “dovuto” concedere tre permessi, due a Scansano, uno a Magliano, per pozzi profondi 3500 metri, molto invasivi e costosi che, a detta di geologi ed esperti, altro non sono che prove di produzione».
L’ultimo atto, in ordine di tempo, a marzo, la richiesta di esproprio dei terreni interessati “per pubblica utilità”.
«Ma – si chiedono Consiglio comunale tutto, Comitato Sos Geotermia e realtà produttive – è pubblica utilità portar via ai proprietari, che tanto vi hanno investito in denaro e lavoro, terreni seminativi, uliveti e persino un vigneto? Lo è prevedere lo scavo di due pozzi di captazione a sito per garantire l’acqua necessaria alle perforazioni: dai 10 ai 70 metri cubi l’ora a seconda delle fasi di trivellazione? Lo è il rischio di sismicità indotta dalle prove di produzione, a due passi dal Castello di Montepò (del 1100) e della Fattoria sforzesca (1577)? Lo è la delicatissima opera di smaltimento di rifiuti pericolosi e tossici?».
«Non vogliamo nemmeno immaginare – dice Ginesi ribadendo la richiesta di incontro – che alla fine qualcuno arrivi a concedere i permessi per costruire le centrali».