GROSSETO – «Azione Grosseto nonostante alcuni dubbi sulla limitazione della libertà di esercitare l’attività d’impresa a quegli esercizi commerciali che scelgono di effettuare promozioni nella somministrazione delle bevande nel pieno rispetto delle regole pregresse, accoglie con soddisfazione l’approvazione di alcune modifiche ed integrazioni al regolamento di Polizia Urbana posto all’ordine del giorno della seduta consiliare del 15 giugno». Così si legge nella nota di Azione Grosseto.
«Tuttavia, si vuole porre all’attenzione della cittadinanza e della politica locale alcune perplessità sul rispetto delle norme che deve essere oggetto di controlli ed eventuali sanzioni. Il primo dubbio riguarda innanzitutto la presunta e potenziale precaria capacità in termini numerici, degli agenti di polizia, di addivenire a verifiche puntuali sul territorio con il rischio che tutto rimanga una sorta di diario delle buone intenzioni».
«Altra questione rilevante l’area ricompresa tra le vie Buozzi, Trieste, Mameli, Sonnino, Bonghi, Lanza, Manetti, Porciatti, Tripoli, con il divieto dalle ore 21 alle 6 del mattino di vendita per asporto da parte dei somministratori, di ogni bevanda in contenitori di vetro : non dobbiamo nasconderci dietro ad un dito e fare della banale ipocrisia se da tempo quella zona ha concentrato la presenza di negozi etnici, che sono per diverse ragioni che andremo ad approfondire, spesso punti deboli in quanto ad argine della illegalità. I cittadini, pur puntuali nelle denunce e nelle segnalazioni ai mass media ed alle forze dell’ordine, spesso non hanno riscontrato esiti positivi in quanto ad interventi e risposte attente e puntuali, lasciandoli nel più completo sconforto e nella percezione di impotenza delle istituzioni preposte».
«Noi come Azione siamo favorevoli e apertissimi ad una società multiculturale ed aperta, considerando questo un fenomeno ricco di opportunità e scambio per tutti noi, ma si tratta di un fenomeno complicato da governare, capace di generare tantissimo malcontento tra i cittadini che si trovano a conviverci».
«Bisogna avere il coraggio e spiegare alle persone, che il problema non si risolve imponendo solo nuove restrizioni, limiti e regolamenti che spesso vengono totalmente ignorati per il semplice motivo che i gestori o i commessi di tali attività commerciali, ad esempio, non parlano neppure la lingua italiana».
«Cosa fa l’amministrazione a questo proposito? Per affrontare tali sfide, è necessaria una collaborazione tra tutte le parti interessate; l’amministrazione comunale deve impegnarsi ad organizzare tavoli coinvolgendo, oltre alle forze dell’ordine, anche le associazioni di categoria, i sindacati e le cooperative sociali. Assieme a queste entità si devono organizzare tavoli di concertazione in cui si discutono e si elaborano soluzioni concrete e condivise, ponendosi come obiettivo quello di identificare i punti di debolezza delle nuove forme di commercio e di promuovere le buone pratiche commerciali, facendo in modo che queste attività, indipendentemente dalla loro provenienza etnica, rispettino le regole e le normative locali».
«I sindacati possono sostenere i lavoratori, indipendentemente dalla loro origine, promuovendo una cultura di equità, rispetto dei diritti lavorativi ed integrazione sociale. Le cooperative sociali possono offrire opportunità di formazione per i membri delle comunità locali, contribuendo ad una maggiore inclusione sociale ed economica.È importante sottolineare che la soluzione dovrebbe promuovere una gestione inclusiva e sostenibile di queste attività. Invece di creare ghetti, il Comune dovrebbe lavorare per favorire l’integrazione e la convivenza armoniosa tra le diverse comunità, garantendo al contempo il rispetto delle leggi. Solo attraverso un approccio olistico ed inclusivo sarà possibile affrontare le sfide e costruire comunità più forti, solidali e multiculturali».