GROSSETO – Nell’ottica di un complessivo riassetto pastorale della diocesi di Grosseto, che tenga conto delle sollecitazioni che arrivano dal Papa e dal cammino sinodale intrapreso dalla Chiesa italiana, il vescovo Giovanni, nell’incontro del clero di venerdì 9 giugno, ha reso note alcune decisioni.
«Il criterio che ci ha mossi, assieme al vicario generale – spiega il vescovo Giovanni Roncari – non è semplicemente quello di coprire i vuoti che si sono creati per il venire meno di alcuni sacerdoti per anzianità o per morte, ma di ripensare il modo di servire la nostra gente, che da un lato definisca un nuovo modo di organizzare e condurre la diocesi, con particolare riferimento alla conduzione delle parrocchie, e dall’altro valorizzi il più possibile il servizio dei nostri preti. A questo proposito ho spesso incoraggiato, e continuo a farlo, la collaborazione tra parrocchie, cioè tra preti e comunità parrocchiali, specialmente su due livelli: quello delle singole zone pastorali perché si realizzi finalmente la cura comune, tra realtà limitrofe, di alcuni ambiti pastorali (ad esempio la catechesi) e la vita liturgica; quello della collaborazione tra parrocchie di Città, numericamente più consistenti, e dei paesi, con la formula di “adottarsi” fra comunità. Su questa strada incoraggio ad osare, a non avere paura».
«D’altro canto – prosegue il vescovo – la complessità di questo nostro tempo chiede alla Chiesa due cose: una buona preparazione dei suoi preti e una corresponsabilità maggiore e più consapevole dei laici, soprattutto di coloro che, per le loro competenze specifiche, possono essere davvero un aiuto prezioso nella conduzione delle nostre comunità. Da tutte queste riflessioni, sono scaturite alcune decisioni».
«La prima è quella di inviare alcuni sacerdoti e diaconi a studiare. In particolare, ho chiesto a don Marco Gentile, cerimoniere e direttore dell’ufficio liturgico, di completare la sua già buona formazione in questo campo. Don Marco, da settembre, sarà un alunno del Pontificio Istituto Liturgico presso il Pontificio ateneo Sant’Anselmo di Roma, per conseguire la licenza in Liturgia. Andrà a Roma, alla Pontificia Università Gregoriana, anche il diacono Simone Castellucci, a cui ho chiesto di conseguire i titoli accademici in Storia della Chiesa con indirizzo beni culturali. Simone il venerdì farà ritorno in Diocesi e porterà avanti il suo servizio nella parrocchia del Cottolengo. Infine al diacono Claudio Bianchi, che ha da sempre evidenziato una spiccata propensione per tutto ciò che attiene alla carità, ho chiesto di frequentare a moduli formativi che durante l’anno vengono promossi da Caritas italiana, proprio per arricchire la sua formazione pastorale in questo ambito a lui particolarmente congeniale».
«La seconda scelta – prosegue il vescovo – è scaturita da un pensiero speciale che sto dedicando al seminario e alla formazione dei futuri presbiteri. Grazie a Dio in questo momento in Diocesi c’è una fioritura di vocazioni: abbiamo sei seminaristi, altri giovani che sono in fase di verifica e che potrebbero iniziare l’anno propedeutico. Per questo, d’accordo col rettore don Gian Paolo Marchetti, ho valutato opportuno cogliere questo momento felice per ampliare l’offerta formativa allargandone i campi e le modalità, così da aiutare i seminaristi ad accrescere la disponibilità, la stima vicendevole e la collaborazione che servono per pensare la Chiesa che verrà e che, già oggi, appare così diversa da quella di pochi decenni orsono. Ho così deciso di affidare piccole parrocchie periferiche all’intera comunità del Seminario. Stiamo ancora valutando attentamente quale sarà la comunità, ma quel più conta è il senso di questa scelta: un progetto pastorale che considero un investimento di metodo per la Chiesa che verrà e che potrà aiutare anche la nostra gente a prendere sempre più coscienza che ci si sostiene vicendevolmente, per la Chiesa è di tutti e fatta da tutti».
Nel concreto, la comunità del seminario sperimenterà un tipo di presenza in piccole parrocchie della Diocesi, diversa da quello con il parroco residente.
«Non – specifica il vescovo – come facile soluzione di tipo pratico alla carenza di sacerdoti, che pure ci tocca da vicino, quanto per iniziare e sperimentare un modello nuovo, dove al centro c’è la comunità stessa. Su questo voglio esser chiaro: non si tratta di nominare parroco il rettore, ma di far intraprendere un’esperienza nuova all’intera comunità del seminario legandosi con una parrocchia della Diocesi. Questo riferimento ad una parrocchia diventerà importante nella vita formativa deli seminaristi, nella misura in cui la parrocchia stessa sarà parte integrante della vita del seminario, facendo scaturire una cura reciproca. Coinvolti in diverso modo a seconda dell’anno di formazione (dal propedeutico a quello pastorale che segue il quinquennio di studi), delle possibilità oggettive e delle esigenze del percorso specifico di ciascuno, i seminaristi potranno essere coinvolti e responsabilizzati più direttamente con una comunità parrocchiale dove collaborare insieme tra loro e con i superiori. Di anno in anno, guardando alle persone che compongono la comunità del Seminario, si valuterà la modalità del coinvolgimento di ciascuno, mirando ad una formazione sempre più artigianale adatta al percorso, all’età, e ai bisogni di ciascun seminarista. Sarà, però, necessario il coinvolgimento della comunità parrocchiale stessa perché non sia l’oggetto di un servizio pastorale ma partecipi attivamente alla vita della Chiesa e alla relazione con il Seminario».
«Da tutte queste decisioni ne discendono altre. La prima: ho chiesto a don Marco Gentile di assumere anche il servizio di vice rettore del Seminario vescovile, per condividere col rettore la responsabilità di questo progetto. Ciò significa che don Marco, così come don Gian Paolo, resteranno rispettivamente parroci nelle comunità dell’Addolorata e del Cottolengo e insieme cureranno il Seminario. Sempre nell’ottica di questo nuovo sguardo, ho anche chiesto a don Andrea Pieri, giovane sacerdote sinora impegnato nelle comunità di Ribolla e Roccatederighi, di assumere l’incarico di vice parroco dell’Addolorata, così che, assieme al diacono Claudio Bianchi, che nei prossimi mesi ordinerò prete, e al diacono permanente Marcello Corsini aiutino don Marco nella conduzione della parrocchia di Gorarella. A quella comunità parrocchiale chiedo la carità di accompagnare questa fase con la premura verso tutti i loro sacerdoti e diaconi e nella comprensione della nuova prospettiva pastorale, così da permettere un percorso utile a tutta la Chiesa diocesana».
«Infine – conclude il vescovo -, don Marius Balint, da alcuni mesi parroco a Bagno di Gavorrano, assumerà anche la guida pastorale della parrocchia di Caldana, dopo la morte del caro don Enzo Mantiloni».