GROSSETO – «Con l’intitolazione di una via a Giorgio Almirante il sindaco di Grosseto voleva addirittura pacificare l’intera Nazione e invece è riuscito a lacerare la città e spaccare la maggioranza».
Così i capigruppo del Partito Democratico, di Grosseto Città Aperta e del Movimento 5 Stelle, Davide Bartolini, Carlo De Martis e Giacomo Gori in una nota.
«È finita così la votazione di ieri, voluta da Vivarelli Colonna per confermare, caso unico nella storia ed evidente sintomo di debolezza, una decisione già presa dalla giunta appena due mesi prima. Il capogruppo di Forza Italia si è chiamato fuori, neppure firmando la mozione sottoscritta da tutti gli altri gruppi di maggioranza e ponendosi in aperto contrasto con il suo assessore di riferimento, Luca Agresti, oltre che con la scelta fatta dal suo partito nel 2018 sullo stesso tema».
«Dal gruppo Nuovo Millennio, composto dai transfughi dalla lista del sindaco, si è sfilata la consigliera Gaviano e addirittura la Lega ha fatto mancare due voti, con il consigliere in quota CasaPound che ha rivendicato che con gli antifascisti nessuna pacificazione è possibile ed il consigliere Cerboni che ha votato contro non convivendo una scelta divisiva che tributa un riconoscimento a figure politiche distanti dalla sua matrice liberale».
«Che le cose in maggioranza buttassero male lo si respirava da giorni, tanto che in apertura di seduta è stato necessario un blitz del presidente del consiglio a quattro mani con Fratelli d’Italia per anticipare la discussione su via Almirante dall’ultimo al primo punto all’ordine del giorno ed evitare il rischio di ulteriori defezioni che avrebbero fatto saltare il numero legale. D’altronde in passato la nostra città aveva già affrontato il tema, ma la carica di sindaco era ricoperta da una figura, politicamente distante da chi scrive ma senza dubbio di tutt’altra altra caratura: etica, culturale e politica. Alessandro Antichi ben due volte rispedì al mittente la pretesa dei suoi assessori di intitolare una via ad Almirante E così fece anche Alemanno, sindaco di Roma con un passato nel partito di Almirante, affermando che “il compito di un sindaco deve essere quello di rappresentare tutti e fare scelte che uniscano e non lacerino la città sui valori fondamentali”, e per farlo dovette resistere a fortissime pressioni e tenere a bada la destra romana e nazionale».
«Antonfrancesco Vivarelli Colonna, da par suo, non è riuscito a tenere a bada il suo assessore Fabrizio Rossi, vero artefice di tutta questa operazione per avere un trofeo da offrire alla presidente Meloni e, ancora una volta, vincitore dell’ennesima prova di forza con il sindaco. Perché, non va dimenticato, da mesi Vivarelli Colonna ripete di voler rimuovere Rossi dalla giunta non potendo i suoi impegni di parlamentare conciliarsi con quelli di assessore al centro storico ed all’urbanistica, e tuttavia Rossi resta ben saldo, indifferente ad un centro storico che è nella condizione che sappiamo e l’adozione dei nuovi strumenti urbanistici, avviata nell’ormai lontano 2019 e fondamentale per lo sviluppo della città, ferma al palo».
«In compenso questi nostri amministratori sono riusciti ad impantanare la città fin dal 2018 – a quell’anno risale la prima mozione della maggioranza su Almirante – in un dibattito senza fine e sempre più incattivito. Per cosa poi? Per rendere omaggio ad una figura che, specie in Maremma, ricordiamo per aver firmato il ‘manifesto della morte’ che legittimava quella guerra ai civili che già aveva portato a spargere il sangue di undici giovani di Istia d’Ombrone e, di lì a breve, si sarebbe distinta per la fucilazione degli ottantatre minatori della Niccioleta. Una figura, quella di Almirante, che in Maremma ricordiamo anche per il ruolo avuto nell’organizzazione della propaganda razziale al servizio di un regime che a Roccatederighi realizzò un campo di concentramento dal quale decine di ebrei rastrellati nella provincia di Grosseto partirono alla volta di Auschwitz, senza fare ritorno.
Caro sindaco, ne è valsa la pena?».