SCANSANO – “Ricordare per tramandare e capire da che parte stare, perché il sacrificio non sia stato vano” sono le parole risuonate con voci diverse ma concordi davanti al cippo che commemora il sacrificio di Luigi Canzanelli, il “tenente Gino”, e del suo attendente Giovanni Conti.
La colonna spezzata è candida e risalta sul ciglio della strada della Dogana che va da Murci a Pomonte: “Per l’anno prossimo sarà restaurata” aveva promesso Giuseppe Adinolfi, comandante provinciale dei Carabinieri di Grosseto. E così è stato. Qui il 7 maggio del 1944 Gino e Giovanni – 22 e 21 anni, con la loro banda partigiana avevano messo a segno diverse azioni tra Cana, Preselle e Maiano – furono uccisi in una imboscata di nazifascisti, imbeccati da spie locali. Da 79 anni sono un simbolo amato della Resistenza maremmana. A Gino – medaglia d’argento al valor militare – è intitolata la caserma del comando dei Carabinieri di Grosseto. A ricordarli, con la fascia tricolore, la sindaca di Scansano Maria Bice Ginesi e la vice sindaca di Manciano Valeria Bruni. Con la fascia blu in rappresentanza della Provincia Valentino Bisconti. Per l’Arma, il sottotenente Langelotti del NORMA e il comandante della stazione di Scansano Andrea Marchignoli. Per l’Anpi il presidente provinciale Luciano Calì e il responsabile della sezione di Scansano Giovanni Lanti.
Si alternano al microfono e si rivolgono tutti ai bimbetti – quarta e quinta elementare di Pomonte – in prima fila. Chi è arrivato qui coi capelli bianchi – c’è anche Tesiana Teglielli, vedova di Nedo Bianchi che coi suoi libri ha ricostruito la memoria di quei giorni – sa ed è motivato. “Siete voi – dicono Ginesi, Calì, Bruni ai bimbi – che dovete studiare e capire perché dei ragazzi appena ventenni si sacrificarono. Lo fecero per renderci liberi e quella libertà dobbiamo difendere scegliendo sempre da che parte stare”. “A maggior ragione oggi che – dice Bisconti – c’è chi cerca di mettere sullo stesso piano chi morì per battere la dittatura e chi la dittatura impose”. I bambini ascoltano attenti e battono le mani mentre i cantastorie Emo Rossi e Mauro Chechi intonano Bella Ciao. Alla fine è Ginesi ad incoraggiarli a salire i tre gradini che portano al cippo perché possano vedere da vicino le foto dei due giovani eroi, leggere le date di nascita e morte così ravvicinate, e guardarli negli occhi.