GROSSETO – Sono accusati di maltrattamenti e lesioni personali una donna di 64 anni e un giovane uomo di 21 anni, rispettivamente moglie e figlio, nei confronti di un 70enne. L’uomo sarebbe vittima di una crudele e lunga storia di abusi in famiglia che l’hanno ridotto di fatto in una sorta di schiavitù.
In casa l’uomo doveva girare nudo, inginocchiarsi per pregare e chiedere “perdono”, veniva insultato e picchiato pesantemente e quotidianamente da chi gli stava più vicino: la moglie e il figlio.
Questa mattina, 9 maggio, al Tribunale di Grosseto si è svolto l’interrogatorio di garanzia, presieduto dal giudice Marco Mezzaluna, che vede indagati figlio e madre, quest’ultima già condannata nel 2016 a 1 anno, 9 mesi e 10 giorni per i medesimi reati nei confronti del marito. I due sono difesi dagli avvocati Adriano Galli e Tommaso Galletti.
Nel provvedimento notificato lo scorso 4 maggio, il Gip ha definito i rapporti familiari come “rapporti di convivenza a criteri di sopruso, vessazione e sopraffazione”, in cui la vittima sarebbe stata sottoposta con frequenza quotidiana ad “aggressioni verbali e denigrazioni oltre che a minacce di percosse e di morte, a continue umiliazioni, centellinando i suoi viveri, nonché a reiterate aggressioni fisiche, colpendolo con calci alle gambe, con schiaffi dietro la nuca e alla testa, con manici di scopa, bastoni, pantofole o altri oggetti al volto e alla testa, strappandogli i capelli”.
I fatti
Il procedimento penale trae origine dalla denuncia della vicina di casa che sentiva le urla e i colpi dell’appartamento accanto, ma l’uomo ha sempre negato di essere vittima di maltrattamenti, anche in presenza dei carabinieri, chiamati più volte sul posto. Alla vista delle evidenti ferite e dei lividi riportati, ai militari l’uomo ha sempre affermato di esserseli procurati da solo in piccoli incidenti domestici. In quanto alle urla della moglie l’uomo affermava di sentire poco bene e che quindi i suoi familiari erano costretti ad alzare la voce.
Negli ultimi tempi però la vittima, anche grazie all’interessamento del vicinato, si era confidato qualche volta, raccontando dei maltrattamenti e mostrando i suoi lividi. In particolar modo al negozio alimentari, dove era solito fare la spesa, in un’occasione aveva spiegato che l’occhio tumefatto quel giorno era stato provocato dalla moglie con una martellata. Proprio in quel negozio è emerso anche che i soldi della famiglia erano gestiti esclusivamente dalla moglie e dal figlio che glieli lasciavano in contanti solo per fare piccole spese. Una volta alla vittima, non essendo a conoscenza di alcuni aumenti di prezzo dei prodotti, mancavano 20 centesimi e ha chiesto alla cassiera di fargli uno sconto con relativo scontrino, altrimenti a casa il figlio l’avrebbe “tonfato”.
Le indagini
Durante le indagini dei carabinieri decine di persone del quartiere sono state ascoltate e tutte hanno affermato di essere da tempo a conoscenza dei maltrattamenti, ma che la vittima, più volte incoraggiato a denunciare i fatti, ha sempre escluso questa possibilità. Inoltre tutti i vicini di casa della famiglia, ascoltati in sede separata, si sono dichiarati concordi nel descrivere l’uomo come dimesso e trascurato, oltre che completamente sottomesso al volere dei congiunti; solo lui infatti provvedeva a tutti i lavori domestici, come stendere i panni, portare fuori la spazzatura, lavare le scale, portare fuori il cane, fare la spesa e trasportare pesi in genere, facendo più volte su e giù per le scale, nonostante i suoi problemi fisici. All’invito di denunciare i maltrattamenti l’uomo ha più volte affermato di preferire il suicidio.
Durante le indagini è emerso che fino a circa due anni fa, quando l’uomo aveva ancora la macchina, era capitato a molti di vederlo dormirci la notte con il cane nel bagagliaio. I vicini di casa hanno poi affermato di sentire continuamente urla, insulti e minacce provenire dall’abitazione e di incontrarlo di frequente con vistosi lividi, graffi o altri segni sul volto e sul corpo.
Una vicina, ad esempio, ha testimoniato che la vittima, presentava delle lacerazioni al cuoio capelluto, l’uomo le aveva poi confidato che sua moglie e suo figlio l’avevano afferrato per i capelli e strattonato talmente forte da strapparglieli.
Gli inquirenti hanno concordato che la vittima versava in un vero e proprio stato di asservimento e si trovava a vivere una situazione di grave e penosa sofferenza, subendo quotidiane e perduranti vessazioni e umiliazioni, soprattutto da parte della moglie, spesso supportata dal figlio. Tali violenze venivano subite passivamente dall’uomo senza il minimo accenno di difesa, come se ormai si fosse rassegnato al clima di sopraffazione e intimidazione creatosi nel tempo.
Sarebbe emerso inoltre che la vittima poteva mangiare solo quello che gli era stato razionato, senza poter prendere altro. I vicini hanno sentito frasi come: “Il figlio di p… ieri sera si è mangiato il riso che c’era lì. Continua a rubare…”. Era frequente sentire anche rumori riconducibili a dei colpi ripetuti, seguiti da lamenti della vittima e minacce di morte rivolte all’uomo dalla moglie. “Oggi ti ammazzo, guarda sta gocciolando il sangue”. Oltre ai colpi avrebbero sentito più volte anche che la donna ordinava al marito di correre e lui rispondere ubbidiente “sì sì, pulisco subito”.
In queste circostanze il figlio era solito dare manforte alla madre, inveendo anche lui contro l’uomo con minacce di morte e violenze fisiche, ordinandogli poi di inginocchiarsi e chiedere perdono per i (presunti) errori commessi.
Un’altra volta la donna avrebbe rimproverato il marito persino perché si era vestito, mentre lei gli aveva ordinato di stare nudo in casa: “Come mai sei vestito, disgraziato? Devi stare senza vestiti in casa, ti devi vestire solo per portare il cane”.
Secondo le indagini i maltrattamenti andavano avanti quotidianamente e per tutto il giorno. La vittima, seppur sottomessa e devota, non avrebbe avuto mai un momento di pace dai suoi aguzzini. “Rispondi pezzo di m…; Devi morire; Ti do una martellata in faccia; Disgraziato sudicio” sono solo alcune delle offese con cui si sarebbero alternati moglie e figlio e che l’uomo subiva ad ogni ora del giorno per aver ad esempio mangiato una fetta di pane. Per “punizione” l’uomo veniva picchiato, spesso dopo averlo costretto ad inginocchiarsi.
Il trasloco
Dopo le segnalazioni dei vicini e gli interventi dei carabinieri a casa, la famiglia, probabilmente consapevole di aver attirato troppa attenzione, si è trasferita in Piemonte un mese fa, ma le indagini sono andate avanti e il 4 maggio è stata notificata l’ordinanza del giudice Mezzaluna che prevede l’allontanamento di moglie e figlio dalla casa di famiglia. I due non potranno avvicinarsi né mettersi in contatto con la vittima.
L’ordinanza
Nell’ordinanza di allontanamento il giudice ha sottolineato che “in linea generale, quanto raccolto nella fase delle indagini integra un quadro probatorio talmente chiaro e non equivoco che definirlo grave è addirittura riduttivo” parlando anche di “un vissuto familiare distorto, incapace di assicurare quella serenità e senso di protezione che dovrebbero essere naturali all’interno della famiglia. Da quanto sin qui accertato, infatti, risulta che l’ambiente familiare in cui è stata costretta a vivere la persona offesa è stato costellato da condotte denigratorie, vessatorie, violenze verbali e fisiche, con conseguente lesione del patrimonio morale e della sfera di integrità psico-fisica del soggetto passivo, cosa che costituisce l’essenza del delitto di maltrattamenti”.
L’interrogatorio
Questa mattina, 9 maggio, al tribunale di Grosseto si è svolto l’interrogatorio di garanzia al quale erano presenti entrambi gli indagati accompagnati dai rispettivi avvocati di difesa. La donna si è avvalsa della facoltà di non rispondere.
Il figlio, sentito dal Gip, ha ammesso ogni responsabilità, tutto quello che è emerso nel corso delle indagini. Davanti al giudice avrebbe affermato che gli episodi sarebbero però da riferirsi al passato, prima di trasferirsi dalla Maremma in Piemonte. Il giovane ha riferito che gli episodi sarebbero stati causati da un periodo “di forte stress, dovuto anche al contratto in scadenza e al dover lasciare la casa in Maremma”. Il giovane, assistito dall’avvocato Adriano Galli, ha ammesso di aver sbagliato e si è detto pentito per quanto accaduto.
Madre e figlio hanno lasciato il palazzo di Giustizia da un’uscita laterale per non essere ripresi dai media.