GROSSETO – Pubblichiamo il messaggio del vescovo di Grosseto e di Pitigliano Sovana Orbetello Monsignor Giovanni Roncari, un messaggio dedicato al Cristo che risorge e una approfondita riflessione sulle “molteplici forme di violenze e soprusi che si presentano nel vivere quotidiano”, ma anche sul “linguaggio che diventa oggetto contundente contro chi ha un’opinione differente”.
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Cristo è risorto! È veramente risorto!
È così che i cristiani d’Oriente si augurano vicendevolmente buona Pasqua. Un augurio che impegna la fede di chi si definisce Cristiano, seguace di quel Gesù di Nazareth, che crediamo risorto, vincitore sulla morte. Su ogni morte. Su ogni condotta mortifera di ogni uomo, in ogni epoca, ad ogni latitudine.
Paolo, l’apostolo che parla di sé come di uno “conquistato da Cristo” ci ammonisce che se Gesù di Nazareth non fosse risorto “vana sarebbe la nostra fede e la nostra predicazione!”
Se Cristo non fosse risorto verrebbe da chiedersi a cosa potrebbe essere utile il cristianesimo?
Sarebbe uno dei tanti orientamenti religiosi che si limitano a dettare precetti morali.
Invece, dal momento che Cristo è risorto, la vita di chi crede in Lui è un itinerario la cui meta è proprio l’incontro con quel Dio-uomo che ci salva in forza di un amore che arriva sino alla fine, cioè al compimento di ogni promessa.
È questo che auguro a me e a ognuno di voi, cari maremmani: qualunque sia il vostro livello di conoscenza di Gesù di Nazareth, qualunque sia l’intensità del vostro cammino di fede, che questa Pasqua risvegli in ciascuno almeno il bisogno di saperne di più di questo Risorto.
Celebrare la resurrezione di Gesù vuol dire riflettere sulle molteplici forme di violenze e soprusi che si presentano nel vivere quotidiano, senza contare la guerra che si combatte nel cuore dell’Europa e l’agitarsi, addirittura, dello spauracchio della atomica.
Ma riflettiamo anche sul nostro linguaggio, che non di rado mette al bando la speranza o che diventa oggetto contundente contro chi ha un’opinione differente. Parole che feriscono talvolta mortalmente, condotte quotidiane che tradiscono egoismi, o che sono mosse da paure e condizionamenti.
Dove è allora la logica della resurrezione? C’è ogni volta che non permettiamo alla morte di avere l’ultima parola su di noi e lasciamo invece che le ferite impresse nella carne viva di Gesù di Nazareth diventino le feritoie da cui scorgere negli altri i lineamenti di quel Dio che, per dirla con il titolo di un bel libro di alcuni anni fa, “ci ha creati gratis”.
Buona Pasqua!
+Giovanni