GAVORRANO – È una storia infinita quella che stanno vivendo ormai da sette anni i genitori delle vittime della strage Erasmus. Era il 20 marzo del 2016 quando in Spagna, sull’autostrada tra Valencia e Barcellona, persero la vita 13 studentesse, sette erano italiane, tra di loro anche la giovane maremmana Elena Maestrini.
Nessun passo in avanti sul piano della giustizia per i familiari delle vittime che da sette lunghi anni chiedono che vengano individuati i responsabili della strage. L’unico indagato in questi anni è stato il conducente, alla guida del pullman nella notte fatale, che nel 2021 è stato rinviato a giudizio. Ma le porte dei tribunali spagnoli ancora non si sono aperte per dare spazio a un processo che possa finalmente chiarire cosa sia successo di preciso nella notte del 20 marzo 2016 e mettere il punto a una storia dolorosa e logorante per le famiglie da troppo tempo.
Quello che trapela dalla penisola iberica è invece una specie di accordo con i genitori delle vittime in cui l’autista chiede il rito abbreviato, ma solo se tutti i genitori acconsentono.
«Per quanto riguarda noi genitori italiani – spiega Gabriele Maestrini – abbiamo acconsentito. Sono stato l’ultimo a cedere – ammette -, e sono insicuro se sia stata la scelta giusta, ma siamo così stanchi e anche le altre famiglie hanno bisogno di chiudere questo capitolo, alcuni hanno altri figli e bisogno di andare avanti con la vita. In ogni caso anche su questo non abbiamo aggiornamenti dalla Spagna, il solito silenzio».
Un nuovo esposto in Procura
Significa arrendersi? No. Gabriele Maestrini non rinuncia alle sue lotte che al centro non vedono solo le responsabilità dell’autista, ma un sistema globale, che passa dall’organizzazione universitaria all’associazione Esn, la manutenzione del tratto stradale e insomma, tutti quegli elementi che si sarebbero incastrati e avrebbero aggravato la portata complessiva della strage. In questa ottica, proprio in questi giorni la famiglia Maestrini ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Firenze in cui chiede di indagare anche in Italia se “sussistono profili di responsabilità penale anche in capo ad altri soggetti che, con la loro condotta commissiva ma soprattutto omissiva, hanno dato un rilevante apporto causale al verificarsi del tragico evento del 20 marzo 2016”.
La protesta all’ambasciata
Non solo. Lontano dai riflettori, che ormai si accedono soltanto in occasione dell’anniversario dell’incidente, Gabriele Maestrini ogni 20 del mese sale sulla sua macchina, imbocca l’autostrada e si dirige a Roma, dove passa alcune ore davanti all’ambasciata spagnola con un cartello che ritrae vittime, in segno di protesta. Da solo e in silenzio, sotto il sole o sotto la pioggia. E così farà anche stamattina, a sette anni precisi dall’incidente.
Le istituzioni
E dove sono le istituzioni, che fine hanno fatto le promesse alle famiglie? «Nessuna risposta concreta, mai – è l’amaro bilancio di Maestrini -. L’Università di Firenze e anche la Regione Toscana avevano detto che si sarebbero costituite parte civile, ma ad oggi stiamo ancora aspettando che qualcuno si faccia avanti. Che poi il punto è proprio l’assenza di qualsiasi risposta, anche negativa. Avrebbero potuto anche dire “I nostri uffici legali hanno valutato la situazione, ma non possiamo fare niente”, ecco almeno avremmo potuto dire “grazie lo stesso per l’impegno e la vicinanza”».
«Diciamo – conclude il padre di Elena Maestrini – che mi sembra un po’ una presa in giro. Le istituzioni ricordano le nostre ragazze solo nelle occasioni ufficiali, ma non è una cosa di cui abbiamo bisogno».
Sull’incidente Erasmus IlGiunco.net ha prodotto un podcast a quattro puntate dal titolo “La figlia d’Europa”. Lo potete ascoltare a questo LINK.