GROSSETO – «L’annuncio dato dal sindaco e dal suo assessore alla cultura di intitolare una via della città a Giorgio Almirante costituisce l’ennesima vergogna che questa amministrazione riversa sulla nostra città, sui suoi cittadini e sulla sua storia» afferma il gruppo consiliare Grosseto città aperta.
«Giorgio Almirante, è bene rammentarlo, ha incarnato ciò che di peggio ha prodotto il nostro Paese: il fascismo. Nulla Almirante si è risparmiato, né ci ha risparmiato».
«Negli anni del Ventennio è tra i firmatari del Manifesto della Razza, che apre la strada alla promulgazione delle leggi razziali e quindi alla fattiva partecipazione del fascismo all’olocausto. Durante la guerra si pone al servizio degli occupanti nazisti aderendo alla Repubblica di Salò. Ancora negli anni Settanta viene incriminato, salvo poi beneficiare di un’amnistia che si guardò bene dal rifiutare, per aver favorito la latitanza di un terrorista neofascista responsabile della strage di Peteano, uno degli atti più cruenti degli anni di piombo in cui furono uccisi tre carabinieri».
«E dire che l’amministrazione comunale presto conferirà la cittadinanza onoraria proprio all’Arma dei Carabinieri, la cui caserma tra l’altro è intitolata a Luigi Canzanelli, il ‘Tenente Gino’, medaglia d’argento della Resistenza».
«Giorgio Almirante, a suo modo, ebbe un ruolo anche nella storia della nostra comunità locale. Rivestì infatti incarichi di primo piano nella propaganda di quella politica razziale del regime fascista che condusse alla morte nei lager circa 6.000 italiani di religione ebraica, oltre trenta dei quali provenienti dalla Maremma e transitati nel campo di concentramento di Roccatederighi» prosegue la nota.
«Giorgio Almirante fu inoltre colui che nella primavera del 1944 firmò il ‘bando della morte’ con il quale si preannunciava la fucilazione degli sbandati e dei renitenti alla leva, legittimando quella ‘guerra ai civili’ che da noi avrebbe condotto alla strage degli 83 minatori della Niccioleta e che, poco tempo prima, aveva provocato l’assassinio a Maiano Lavacchio di undici giovani (nella foto di apertura), la cui memoria è conservata nella lavagnetta in cui uno di loro lascia l’ultimo saluto alla madre prima di essere trucidato. Una lavagnetta (foto sotto) custodita proprio nell’ufficio del sindaco di Grosseto che oggi, con questo atto, senza alcun pudore offende la memoria dei Martiri d’Istia».
«Questo, ovviamente, è solo un breve compendio della biografia di Giorgio Almirante, che mai ha rinnegato la propria adesione al fascismo, partecipando attivamente alla devastazione morale e materiale dell’Italia perpetrata da Mussolini durante il Ventennio, e cercando di reiterarla anche durante gli anni della Repubblica democratica» prosegue Carlo De Martis.
«L’intitolazione di una via a Giorgio Almirante decisa da questa amministrazione si rivela se possibile ancora più ignobile venendo affiancata dall’intitolazione di una via a Enrico Berlinguer e di una alla ‘Pacificazione nazionale’, a sancire un’aberrante equiparazione tra fascismo e antifascismo. Un atto che manifesta una straordinaria ignoranza dei nostri amministratori e va ad infliggere una ferita alla nostra comunità, aprendo nuove divisioni quando invece ci sarebbe bisogno di maggiore coesione per rispondere ai bisogni reali dei cittadini. Un atto che nulla ha a che vedere con la storia di Grosseto e della Maremma, e che anzi la oltraggia».
«La toponomastica è importante. Gli amministratori del passato sono e saranno ricordati per aver omaggiato quanti resero possibile la rinascita di Grosseto, chi rendendo abitabile un intero territorio con l’opera delle bonifiche, chi restituendo a tutti la pace e la libertà».
«Per cosa saranno ricordati gli odierni amministratori? Ora la sappiamo. Per aver reso omaggio alla barbarie del fascismo e del razzismo, che così tanto dolore hanno inferto alla nostra comunità.