GROSSETO – «Una terra dove la “fava” assume quasi personalità giuridica, la foce dell’Ombrone non è più acqua di balneazione per motivi del tutto diversi da quelli che ci si potrebbe aspettare, ovvero un “sano” inquinamento batterico e dove i numerosissimi “siti” attengono più al mondo degli odori che a quello di Internet, può aspirare, a buon diritto, al titolo di terra dei “cachi”, nel senso stupendo che seppero dargli “Elio e le storie tese”» afferma Valerio Pizzuti consigliere comunale e membro del direttivo de “I riformisti – verso il Terzo Polo”.
«Ma noi non ci stiamo e fuor di ironia, pensiamo che la nostra antica terra avrebbe diritto ad un maggiore rispetto e ad apparati di governo e di controllo più adeguati ed efficienti. In merito a quanto segnalato da cittadini ed associazioni relativamente ai miasmi che circondano l’abitato ed al proliferare di quegli impianti che sembrano generarli ci siamo già espressi, tempo fa ed in momenti non sospetti, cercando di richiamare l’attenzione su di un problema che si stava profilando e che, puntualmente, è andato consolidandosi ed allargandosi anche alla sfera dei danni ambientali permanenti».
«La scheda sull’argomento, contenuta nel programma elettorale con il quale ho chiesto e ottenuto i voti dei cittadini, recitava infatti così: Occorre studiare con metodo la legislazione vigente ma dall’evidenza delle cose, ovvero ettari ed ettari di mais destinati a tale impiego, è chiaro che ci sono delle storture non compatibili con una moderna visione dell’ambiente e del risparmio energetico» prosegue Pizzuti.
«Le biomasse dovrebbero derivare da tutto ciò che eccede dalla coltivazione aziendale e che non può essere riutilizzato, a km zero, nell’azienda stessa. Non ci sembra opportuno, anzi ci sembra proprio dannoso, che gli agricoltori seminino, curino e raccolgano con il solo scopo di utilizzare i raccolti come biomasse. Da tali pratiche può derivare tutta una serie di aspetti negativi sia dal punto di vista dell’ambiente che dell’economia stessa».
«Le aziende che operano con tali modalità hanno come unico fine la massima produzione possibile quindi intensificano sia i concimi chimici che l’utilizzo di presidi sanitari, diserbanti e gli emungimenti dalle falde. Questi atteggiamenti sono facilitati dal fatto che il raccolto, non essendo destinato al consumo umano o per l’allevamento non è più oggetto di attenzioni dal punto di vista dell’inquinamento da fitofarmaci».
«L’utilizzo esagerato di concimi chimici, seppure abbinato a sistemi irrigui meno impattanti, può facilitare il principio di “desertificazione” di ampie porzioni di terreno della nostra Maremma. La produzione di tali biomasse comporta l’utilizzo di mezzi agricoli, pompe che assorbono energia, attrezzature e copiosi emungimenti. Tutto ciò consolida spese che non sappiamo se e quanto vengano quantificate nel computo del Risparmio Energetico».
«Il Comune, sviscerato il problema, dovrebbe impegnarsi a tutti i livelli per ottenere un quadro legislativo più consono e veramente di carattere ambientalista con l’intento di incentivare soltanto l’uso delle biomasse derivanti dalle produzioni ordinarie, in quanto surplus delle normali colture, e non specificatamente coltivate per tale unico scopo» prosegue la nota dei Riformisti.
«Giova ricordare che nella nostra Associazione annoveriamo anche Paolo Borghi, che durante il suo mandato da vicesindaco si è battuto, con successo, contro l’installazione di un impianto a biogas addirittura all’interno del Parco della Maremma. E’ mai possibile che invece di incentivare la produzione di quei prodotti orticoli che, soprattutto nella stagione turistica, importiamo da tutto il mondo, o di quel grano che proprio nel mondo scarseggia, si debba agevolare l’imprenditoria finanziaria che intravede nella produzione di biogas, unicamente l’occasione per un facile profitto?».
«Qualcuno sta ipotizzando, e sta lavorando per realizzarlo, un futuro in cui nella nostra terra “fattorie” che utilizzano biomasse che non producono, o peggio rifiuti di altra natura, che provengono dai luoghi più disparati e il cui utilizzo genera impatti ambientali significativi, costanti e duraturi. Peraltro, il biogas viene man mano sostituito dall’agrivoltaico e le nuove normative UE spingono verso l’autoconsumo, quindi questa pratica è decisamente obsoleta e non in linea con le direttrici di sviluppo nazionali e comunitarie».
«E poi, è davvero tutto in regola? Soltanto sulla carta od anche nella sostanza? Al proliferare di questi impianti crescono le capacità autorizzative ed ispettive delle istituzioni? O tutto scorre verso l’inevitabile disastro ambientale che poi, quando sarà tardi, farà scandalo?».
«Dobbiamo essere grati a cittadini ed associazioni che si impegnano e si battono per la nostra terra ma preferiremmo di gran lunga essere grati alla Politica ed alle Istituzioni, a cui chiediamo nuovamente un impegno costante e straordinario per ridefinire i parametri dello sviluppo della nostra agricoltura e della nostra imprenditoria, per la valorizzazione e la salvaguardia del nostro territorio» conclude.