GROSSETO – Un piccolo cippo, una targa, fiori e gli agenti schierati. La Questura di Grosseto ha voluto ricordare così l’ultimo questore di Fiume, Giovanni Palatucci, Medaglia d’oro al merito civile e riconosciuto “Giusto tra le nazioni” per aver nascosto e salvato dal genocidio migliaia di ebrei stranieri e italiani. Morto nel 1945 a Dachau dopo essere stato arrestato dai nazisti.
Il questore di Grosseto, Antonio Mannoni, ha reso omaggio assieme al prefetto Paola Berardino, al cippo che si trova nel giardino di fronte alla Questura. Alla commemorazione hanno preso parte rappresentanti delle altre forze dell’ordine, dei Comuni, della Provincia, il presidente della Camera di commercio, Riccardo Breda, e l’onorevole di Fratelli d’Italia Fabrizio Rossi.
Onorificenze:
Il 17 aprile 1955, venne concessa la Medaglia d’Oro alla memoria dall’Unione delle Comunità Israelitiche d’Italia con la seguente motivazione: «Commissario all’Ufficio stranieri della Questura di Fiume, tanto operò in favore degli ebrei e di altri perseguitati, che venne arrestato dai nazisti nel settembre 1944 e deportato in Germania.
Le sevizie e le privazioni del campo di sterminio, a Dachau, ne troncarono, alla vigilia della liberazione, la mirabile esistenza. Se al suo nome nello Stato d’Israele sono state dedicate una via e una foresta, gli ebrei d’Italia vogliono anch’essi onorarne il ricordo».
Il 12 settembre 1990 lo Yad Vashem lo riconosce Giusto tra le nazioni.
Il 15 maggio 1995 la Repubblica italiana gli ha conferito la Medaglia d’oro al merito civile con la seguente motivazione: «Funzionario di Polizia, reggente la Questura di Fiume, si prodigava in aiuto di migliaia di ebrei e di cittadini perseguitati, riuscendo ad impedirne l’arresto e la deportazione. Fedele all’impegno assunto e pur consapevole dei gravissimi rischi personali continuava, malgrado l’occupazione tedesca e le incalzanti incursioni dei partigiani slavi, la propria opera di dirigente, di patriota e di cristiano, fino all’arresto da parte della Gestapo e alla sua deportazione in un campo di sterminio, dove sacrificava la giovane vita».
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