GROSSETO – Cerimonia di commemorazione delle vittime della shoa in occasione della giornata della memoria, stamattina di fronte al municipio di Grosseto. Insieme al prefetto di Grosseto Paola Berardino e al presidente dell’Anpi Luciano Calì, c’era anche il presidente del consiglio comunale Fausto Turbanti.
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Ecco le sue parole durante la cerimonia:
«Albo Bellucci, Giuseppe Scopetani, Italo Ragni: i nomi di questi tre martiri grossetani, incisi in altrettante pietre d’inciampo proprio in questo luogo, rappresentano il simbolo vivo e concreto dell’abisso, di ciò che è stato e di ciò che non deve più avvenire. È proprio questo, ritengo, il significato più importante e profondo del Giorno della Memoria: il ricordo delle persone a cui è stata crudelmente strappata la vita dalle mani ha senso solo se, dal loro sacrificio, siamo in grado di trarre insegnamenti per il futuro. E allora chiediamoci insieme: cos’è la memoria? Come possiamo tradurla in pratica? Con l’attenzione, con il riguardo, con lo studio di quanto accaduto nei campi di sterminio nazisti e, infine, con il rispetto di chi ci è accanto, senza alcuna distinzione o discriminazione in base a qualsivoglia opinione oppure orientamento. La Shoa è stata la negazione dell’uomo, un’oscurità che, nel corso dei decenni successivi, alcuni criminali hanno addirittura provato a negare o, peggio, a replicare.
Fabbriche di morte costruite con lucida follia, disvelate al mondo proprio il 27 gennaio, l’anno era il 1945, quando le truppe sovietiche entrarono in quella città divenuta simbolo dell’orrore: Auschwitz. Prima di quel momento, nessuno sapeva, nessuno immaginava che, nel pur tragico scenario della guerra, in altri teatri potessero consumarsi tragedie se possibile ben peggiori. Proprio così, perché spesso il male si muove in silenzio. E noi, di fronte a questo silenzio possiamo reagire solo in un modo: parlando. Parlando di ciò che è stato soprattutto con i ragazzi, con quelle giovani generazioni che rischiano di vedere l’Olocausto come un qualcosa di distante da loro o irripetibile. La parola, il dialogo, la dialettica che evidenzia sì le divergenze ma che offre anche rispetto e dignità delle opinioni o degli orientamenti altrui.
Il dialogo e il confronto, dunque, come antidoto al silenzio del male. Il Giorno della Memoria deve coinvolgerci tutti, cittadini e istituzioni, in questa missione. Riflettere sul passato per progettare il futuro, mantenere nel cuore e nella mente il sacrificio di milioni di persone per non renderlo vano, mai.
Riaffermiamo il valore della dignità umana, possiamo farlo oggi qui ma anche singolarmente, in tutte le azioni della nostra quotidianità. C’è una frase di Primo Levi che, credo, riassume alla perfezione e in poche parole il pensiero che ho appena esposto, è questa: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”.
E allora, ricordiamo, facciamolo insieme, ognuno per conto suo, ogni giorno.
Vorrei concludere questo mio breve intervento con una frase di speranza, una delle più belle e famose che Anna Frank ha scritto nel suo diario e che si adatta anche al mondo di oggi: “Vedo il mondo che si trasforma gradualmente in una terra inospitale; sento avvicinarsi il tuono che distruggerà anche noi; posso percepire le sofferenze di milioni di persone; ma, se guardo il cielo lassù, penso che tutto tornerà al suo posto, che anche questa crudeltà avrà fine e che ritorneranno la pace e la tranquillità”».