GROSSETO – Un gruppo di componenti della Società naturalistica speleologica maremmana è appena tornato dall’Etiopia: si tratta di Cavanna Carlo, Fabrizio Pompily, Igino Castelli e Cristina Bartalini.
Uno degli obiettivi della spedizione era quello di verificare la conservazione di un sito con arte rupestre. Harurona Cave, venne documentato nel 1995 e poi fu oggetto di un nostro scavo stratigrafico nel 2002, scavo che portò alla luce migliaia di strumenti in ossidiana e che la datazione al radiocarbonio attribuì a 12mila anni fa. Il sito fortunatamente è ancora integro e viene protetto dall’amministrazione locale.
In questi anni, in collaborazione con l’Università di Firenze, sono stati documentati in Etiopia oltre 60 siti preistorici con arte rupestre inediti e spesso i nostri progetto sono stati accolti dal Ministero degli Affari Esteri nell’ambito della Promozione e Cooperazione Culturale.
«Durante la permanenza in Etiopia non poteva mancare la sensazione di dover fare qualcosa per la popolazione che in molti luoghi ha veramente bisogno di tutto – raccontano gli speleologi maremmani -. Sono perciò stati organizzati dei progetti di aiuti umanitari come Cooperazione Internazionale accolti dalla Regione Toscana. Uno di questi ci ha consentito la costruzione di un bacino idrico per uso irriguo e di una strada di alcuni chilometri per poter raggiungere un villaggio molto isolato».
«La popolazione in questione si chiama Manja e alcuni anni fa fu oggetto di studio antropologico da parte di Valentina Radi, studio che si concluse con una tesi di laurea su questa popolazione. Anche quest’anno i Manja sono stati oggetto della nostra attenzione poiché grazie ad una raccolta fondi è stato possibile contribuire a costruire una scuola di alfabeto alla quale potranno partecipare anche adulti».