ALESSANDRO ZACCURI
“MILANO, LA CITTA’ DI NESSUNO, UN REPORTAGE VISIONARIO”
L’ANCORA DEL MEDITERRANEO, 2003, pp. 121
In questa nuova domenica di guerra, nel centenario della nascita di Bianciardi, di cui ci ricordiamo in questi giorni, vorrei parlare di questo libricino, che mi è capitato per le mani frugando negli scaffali della Fondazione Bianciardi con l’aiuto del presidente Massimiliano Marcucci.
Il “romanzo”, che poi un vero romanzo non è, può interessare perché attesta la ricezione attuale dell’opera di Bianciardi, dopo anni dal grande successo de “La vita agra” (1962), quando era caduto nell’oblio per almeno trent’anni, fino al convegno della Fondazione Bianciardi del 1991, che lo riportò alla luce, all’attenzione della critica e dei lettori. In realtà “l’anarchico arrabbiato”, secondo l’abito che gli fu cucito addosso all’epoca per addomesticarlo al sistema che lui contestava, era un visionario che aveva previsto il futuro in cui ci troviamo purtroppo a vivere: mentre tutti gli altri si beavano dei fasti del boom economico, Bianciardi tentava disperatamente di ribellarsi all’alienazione e all’integrazione neo-capitalista e indicava l’esilio intellettuale come unica soluzione.
Oggi l’esilio, la perdita della realtà sensibile, a cui ci condannano il consumismo, l’individualismo e il dominio capitalistico delle macchine elettroniche, sono diventati un fenomeno di massa. Per il dettaglio di questa tesi rimando all’articolo uscito nel 2015 su “Il gabellino” on line, la rivista della Fondazione Bianciardi, dal titolo “Bianciardi e i calcolatori”.
Alessandro Zaccuri, uno spezzino trapiantato a Milano (dunque un provinciale come Bianciardi) a fare il giornalista de “L’Avvenire”, il giornale dei vescovi italiani, per scrivere di Milano ricorre inevitabilmente a Bianciardi o meglio al suo fantasma. E’ chiaro che oggi non si può parlare di Milano senza fare i conti con Bianciardi. Zaccuri ci informa parlando del suo libro che, dovendo scrivere un reportage sulla Milano degli Anni Zero, preferisce scrivere una “storia di fantasmi” e fa girare il fantasma di Bianciardi per la Milano atterrita dall’incidente del 18 aprile del 2002, quando un aereo leggero si schiantò sul Pirellone, una sorta di piccola tragicommedia a calco delle “torri gemelle” di New York.
Zaccuri cerca di utilizzare lo specifico modello narrativo dello scrittore grossetano: quello del romanzo-pamphlet, cioè una critica allegorica del presente sotto una forma ibrida tra il romanzo e l’invettiva del pamphlet. L’operazione non è facile (è riuscita solo a Bianciardi e per altri versi a Sciascia) e infatti riesce poco a Zaccuri.
Egli fa girare il fantasma dello scrittore grossetano per il centro di Milano, senza far agire il personaggio e anche facendolo pensare molto poco, cioè non riesce a sfruttare il potenziale visionario e critico di Biancardi. Alla fine la voluta “storia di fantasmi” diventa una descrizione del centro di Milano, corredata da una serie di citazioni letterarie da Bovesin de la Riva, fino a Pound e a Testori, una sorta di reportage giornalistico come recita il sottotitolo, che presto si degrada ad una sorta di guida turistica del centro di Milano. Ad essa Zaccuri aggiunge un elenco neppure agghiacciante di tutti i morti dai tempi della strage perpetrata dal generale Bava Beccaris contro i lavoratori in lotta fino ai suicidi di Tangentopoli, in un minestrone in cui non prende partito. Neppure prende partito per i morti della strage di Piazza Fontana, rispetto alla quale Zaccuri non spende una parola sugli autori neo-fascisti né sui loro “sconosciuti” mandanti di stato.
Insomma l’idea era buona, ma è andata sprecata per una mancanza di spina dorsale, soprattutto sul versate etico. Eppure questo ci si dovrebbe attendere da un giornalista consapevole del proprio mestiere. Bianciardi merita di più e le iniziative in corso in città e fuori per commemorarne il centenario della nascita cercano in questa direzione.