GROSSETO – Grigliata di carni maremmane e piatti con i prodotti di filiera cucinati dagli agrichef e dagli studenti dell’Istituto Tecnico Leopoldo II di Lorena per lanciare la raccolta di firme contro il cibo sintetico.
Sarà il mercato di Campagna Amica di via Roccastrada, punto di riferimento del km zero per tante famiglie che ogni settimana possono acquistare direttamente dai produttori ortaggi, frutta, olio, formaggi e tutti i prodotti del paniere maremmano, ad ospitare sabato 12 novembre, dalle 9 alle 14, l’avvio della petizione per dire no al cibo fabbricato in laboratorio promossa a livello nazionale da Coldiretti e Fondazione Campagna Amica, Filiera Italia e World Farmers Markets Coalition. All’iniziativa locale, organizzata da Coldiretti Grosseto insieme al mercato di Campagna Amica, parteciperanno in occasione della conferenza stampa alle 10.30, sempre al mercato di via Roccastrada, il sindaco di Grosseto, Antonfrancesco Vivarelli Colonna, l’assessore regionale Leonardo Marras ed i neo parlamentari locali.
«La carne coltivata in vitro, le uova covate senza galline, il miele senza il volo delle api, il pesce che non nuota ed il latte senza mucche, pastori ed alpeggi. Sono alcune delle frontiere che alcune multinazionali stanno provando ad abbattere per portare presto, molto presto, sulle nostre tavole il cibo fatto in laboratorio giustificandone la produzione su scala industriale come necessaria per salvare il pianeta o contrastare i cambiamenti climatici. Nulla di più falso. La verità che non viene pubblicizzata è che non salva gli animali perché viene fabbricata sfruttando i feti delle mucche – spiega Lorenzo Dori, presidente dell’agrimercato di Grosseto – non salva l’ambiente perché consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali, non aiuta la salute perché non c’è garanzia che i prodotti chimici usati siano sicuri per il consumo alimentare, non è accessibile a tutti poiché per farla serve un bioreattore, non è neppure carne ma un prodotto sintetico e ingegnerizzato».
«Ai consumatori – prosegue Dori -, chiediamo di sostenere insieme alle aziende agricole, agli allevatori e ai pescatori la nostra battaglia contro l’introduzione in commercio del cibo che non è cibo. Consentire la commercializzazione del cibo prodotto in laboratorio significa decretare la fine dell’agricoltura e degli agricoltori, dei nostri allevamenti, della biodiversità, delle tradizioni locali e della cura del territorio che i contadini garantiscono attraverso il loro operato quotidiano. Ci stiamo spingendo troppo in là. E’ in atto una strategia per tagliare il millenario filo conduttore che esiste tra gli agricoltori e la terra, tra piccole e medie imprese e produzione di cibo naturale».
La guerra contro la “Frankestein Meat”, la carne che non è carne, la Toscana l’ha dichiarata già lo scorso dicembre trovando la convinta adesione del presidente, Eugenio Giani, e del vice presidente, Stefania Saccardi e di molti esponenti istituzionali regionali e nazionali. «Sono i cittadini il nostro più forte alleato. Ed è con loro che dobbiamo fare un patto per difendere e tutelare la nostra agricoltura da chi vorrebbe fare a meno di coltivare campi ed allevare animali per produrre carne, formaggi e uova – spiega il direttore provinciale, Milena Sanna –. Quanti più consumatori continueranno a mangiare il vero prodotto Made in Italy coltivato nei nostri campi e a frequentare i mercati contadini, tanto più grandi saranno le chance di vincere questa battaglia. L’alternativa è un futuro dove i menu saranno preparati nei laboratori chimici e le mucche le vedremo solo allo zoo. Non lo consentiremo mai».
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