CASTIGLIONE DELLA PESCAIA – Il moccico, il moccio, il moccolo sono sinonimi del più importante ed indiscusso “grollo al naso”.
Non c’era nessuno che d’inverno, chi più o chi meno, non avesse un periodo in cui con la parte finale del braccio facesse quel gesto di accostarlo nello spazio tra il naso e la bocca strisciandolo e trasferendo la materia sulla manica del giubbotto ma più spesso del maglione che era quasi sempre l’unica protezione contro il freddo.
Oggi sarebbe impensabile vedere ragazzi con quell’appendice giallastra, ma quello era il tempo in cui se uno si faceva male doveva vedersela da solo altrimenti ne avrebbe anche buscate se si fosse lamentato a casa.
Altri tempi davvero, le sbucciature sui “ginocchi” erano una costante e la magica polverina, contenuta in un minuscolo involucro di plastica color bianco sporco con un tappo scuro, era la salvezza per ogni problema. Un po’ come il “vetrix” del babbo greco della protagonista del film “Il mio grosso grasso matrimonio greco”. Per ogni infortunio una sola risorsa, una spruzzatina di “pinicellina” e il caso era definitivamente risolto, almeno fino alla successiva sbucciatura.
Questa magica polverina aveva sostituito, per noi maschietti, la classica “pisciatina” disinfettante.
A far compagnia al grollo e alla penicillina, i frignoli.
Chi non ne aveva avuto almeno uno!
Oggi non se ne vedono come non si vedono fanciulli intenti a scorticarsi croste derivanti dal rimarginarsi di ferite o a “strizzare” quei particolari foruncoli capaci di far uscire cose che che mai avremmo pensato potessero essere contenute all’interno.
E nessuno si schifava di queste pratiche assolutamente da non riproporre perché solo allora erano parte integrante della nostra vita.
Meno male che c’era la polverina magica.