GROSSETO – La Corte Costituzionale dà ragione alla Camera di Commercio della Maremma e del Tirreno, una vittoria di cui beneficeranno tutte le Camere di Commercio italiane. La Camera di Commercio aveva infatti sollevato un contenzioso relativamente all’obbligo di riversare al bilancio dello Stato i risparmi ottenuti attraverso le regole di contenimento della spesa.
L’Ente si trovava infatti ad affrontare una situazione paradossale: oltre ad aver subito una riduzione del cinquanta per cento nei diritti attraverso i quali si autosostiene, doveva versare allo Stato ogni risorsa ottenuta attraverso tagli e risparmi, risorse che si traducevano in mancati interventi sul territorio e investimenti sulla struttura.
L’Ente, assistito dall’avvocato e celebre costituzionalista Alfonso Celotto, ha così avviato un contenzioso giunto alla Corte Costituzionale che oggi ha accolto la posizione della Camera di Commercio della Maremma e del Tirreno.
“Sebbene in contesti di grave crisi economica si possa ritenere appropriata la scelta legislativa di imporre regole di contenimento della spesa, non altrettanto si può dire per l’obbligo di riversare al bilancio dello Stato i risparmi così ottenuti, vanificando lo sforzo sostenuto dalle Camere di commercio nel conseguire quei risparmi” È infatti quanto si legge nella sentenza n.210 depositata oggi (redattore il giudice Angelo Buscema) con cui la Corte costituzionale ha ritenuto irragionevole l’applicazione alle Camere di commercio delle disposizioni sull’obbligo di riversare al bilancio dello Stato i risparmi derivanti dalle regole di contenimento della spesa, a fronte della loro particolare autonomia finanziaria che preclude la possibilità di ottenere finanziamenti adeguati da parte dello Stato e interventi di ripianamento di eventuali deficit generati dalla gestione amministrativa dei medesimi.
La Corte ha osservato che, a decorrere dall’anno 2017, l’entità del diritto camerale che le imprese corrispondono alle Camere di commercio è stata oggetto di riduzione da parte del legislatore in maniera crescente fino ad arrivare al cinquanta per cento.
Tale riduzione, in aggiunta all’obbligo di riversare al bilancio dello Stato i risparmi derivanti dalle norme di contenimento, ha inciso in maniera progressivamente più gravosa sui bilanci delle Camere di commercio rendendo, dal 2017 e fino al 2019, i sacrifici imposti dalle disposizioni censurate non più sostenibili e non compatibili con il dettato costituzionale.