ISOLA DEL GIGLIO – Il GrIG, Gruppo d’Intervento Giuridico, ha inoltrato una nuova istanza (26 settembre 2022) finalizzata alla realizzazione dell’area faunistica del Muflone con il ripristino (un migliaio di metri di recinzione) del precedente recinto del Promontorio del Franco a Giglio Campese, proposta da Save Giglio.
«Abbiamo un’area faunistica sul modello ben noto in tutta Europa, dal Parco nazionale della Foresta Bavarese (Lusen National Park Centre) al Parco faunistico del Monte Amiata» afferma Stefano Deliperi.
«Con una spesa contenuta per il ripristino della recinzione, i pochi esemplari di Muflone dell’Isola del Giglio potrebbero vivere in pace senza creare alcun fantomatico problema a biodiversità e agricoltura, costituendo anche un’attrattiva di grande interesse e consentendo a un parco nazionale di fare quello che un’area naturale protetta deve fare, cioè salvaguardare ambiente e specie faunistiche».
«Nel novembre 2021 un accordo fra il presidente dell’Ente Parco dell’Arcipelago Toscano Giampiero Sammuri e l’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente, sembrava aver risolto una vicenda a dir poco paradossale: l’eliminazione dei pochi esemplari di Muflone rimasti sull’Isola del Giglio a fucilate condotta da un Ente Parco. Le battute di caccia sarebbero state sospese con l’obiettivo di trovare un accordo per la rimozione completa incruenta dell’ungulato».
«Con gli anni, senza nemici naturali a parte l’uomo, i Mufloni si erano moltiplicati con gli ovvi effetti sulla biodiversità, sulla vegetazione e sulle coltivazioni agricole. Il progetto Life Lestgo Giglio (finanziato con 1.6 milioni di euro di fondi comunitari) prevede il ristabilimento degli equilibri ecologici anche con l’allontanamento del Muflone dall’Isola del Giglio. Dalla primavera del 2021 sono stati già trasferiti sulla terraferma toscana 20 esemplari sui 70-80 viventi sull’Isola» continua la nota.
«La situazione delle popolazioni originarie autoctone di Muflone della Sardegna e della Corsica, invece, non è delle migliori, tanto da esser tutelate con stringenti misure normative per la rarità: in Sardegna si stimano complessivamente circa 6 mila esemplari sparsi in areali (Asinara, parte del Limbara, Capo Figari, Supramonte-Gennargentu, Tonneri, Monte Albo, Pabarile-Montiferru, Monte Arci, Sette Fratelli) limitati e non collegati fra loro. La proposta era la predisposizione – con il sostegno di fondi comunitari – di un vero e proprio piano di trasferimento dei Mufloni a idonee aree di reintroduzione in Sardegna e in Corsica. Un vero e proprio ritorno a casa. Purtroppo, non ha avuto accoglimento favorevole».
«L’Ispra ritiene (nota prot. n. 39341 dell’1 luglio 2016) che “oggi le maggiori minacce per il Muflone sardo sono rappresentate dal bracconaggio, dall’allevamento ovino allo stato brado e dal randagismo canino” e che “la conservazione del Muflone sardo debba essere perseguita in via prioritaria attraverso la rimozione delle principali minacce nell’areale sardo piuttosto che attraverso immissioni di soggetti provenienti da altre aree del Paese. Inoltre, un’eventuale traslocazione di esemplari dall’Arcipelago Toscano alla Sardegna richiederebbe un’attenta selezione dei soggetti da traslocare, sia in termini di rapporto classi di età e di sesso, sia assicurando l’idoneità sanitaria e genetica degli esemplari da traslocare”».
«Da allora, comunque, nessun censimento noto, nessun effettivo riscontro di danni all’agricoltura (pare poche centinaia di euro di indennizzi richiesti in vent’anni). Nulla di nulla, solo la voglia di farli fuori perché non autoctoni, sostenuta da parte di vari docenti universitari esperti in tema di gestione faunistica. Al di là di qualsiasi altra considerazione appare piuttosto assurdo considerare pochi esemplari di Muflone quale rischio concreto per la biodiversità o le attività agricole sull’Isola del Giglio».