SIMONE DE BEAUVOIR
“MALINTESO A MOSCA”
PONTE ALLE GRAZIE, MILANO, (1965) 2021, pp. 133
Mentre la guerra prosegue in tutta la sua ferocia in Ucraina ed è uscita quasi totalmente dai radar della campagna elettorale italiana, se non fosse per l’incombente crisi energetica, vorrei parlare di questo libro, che mi è capitato di leggere grazie a mia moglie, e che riflette un altro periodo di guerra, i quali abbondano nella storia umana. È la pace ad essere una parentesi breve tra due guerre.
E’ un romanzo breve che racconta un episodio della storia di Nicole e André, due insegnanti francesi in pensione, che nel 1963 in piena destalinizzazione, ma ancora in piena “guerra fredda”, compiono un viaggio a Mosca per andare a trovare Masha, figlia di primo letto di André, la quale ha sposato un russo.
Le due voci narranti sono gli alter ego di Simone de Beauvoir, considerata la fondatrice del femminismo, e del filosofo esistenzialista Jean-Paul Sartre, che ebbero una relazione durata oltre 50 anni senza diventare mai un matrimonio ufficiale, molto aperta, ma vissuta con grande partecipazione emotiva ed erotica.
Il romanzo non entrò a far parte della raccolta di racconti “Una donna spezzata” (1967), “per motivi non del tutto chiari, probabilmente non letterari, vista la sua indubbia qualità”, come recita il risvolto di copertina. Quindi il romanzo è rimasto del tutto sconosciuto.
La curatrice della edizione, Isabella Mattazzi, nella sua interessante “Post-fazione”, chiarisce che dal 1965 al 1967 Simone de Beauvoir riscrive il testo passando dalle due voci narranti simmetriche a una sola, quella femminile. Mi sembra una ragione più che sufficiente nel percorso che porta a “L’età della discrezione”, la versione già nota del romanzo.
“Tra un testo e l’altro il malinteso è scomparso. Anche Mosca è scomparsa. Resta soltanto l’età del tramonto dei due protagonisti, André e Nicole, elemento fortemente presente in entrambi i testi e ora diventato tempo della discrezione”, dice la curatrice nella Postfazione. Nelle due versioni salta il contesto storico e politico, molto presente in questa prima versione con l’impegno di André nella sinistra francese e con tutto l’accento posto sulla sua “impotenza” . Salta il riferimento agli incombenti pericoli dell’escalation atomica. Nella seconda versione rimane solo la tristezza per la vecchiaia, che è un tema dominante: in particolare nella figura di Andrè preoccupato di restituire alla figlia Masha un’immagine desolante: “un vecchio pensionato che non ha combinato niente”.
Eppure questo intreccio ha una sua forza: sulla perdita della giovinezza grava anche la delusione per le speranze politiche cadute. L’URSS all’epoca nella sinistra europea aveva perso il suo fascino “rivoluzionario”.
La seconda versione privilegia il punto di vista femminile, che qui è rappresentato – non solo per Andrè – ma anche per Nicole da una perdita del corpo. Nell’episodio in cui le viene presentato un giovane amico di André: “Per lei, lui era un maschio, giovane e attraente; per lui, lei era asessuata quanto una vecchia di ottant’anni”. E’ qui sul versante strettamente erotico che emerge il malinteso nella coppia. La storia è apparentemente banale: Andrè decide con Masha di rimanere a Mosca una decina di giorni in più (come padre è tutto proteso a recuperare il rapporto con la figlia prima trascurata), ma pensa di averlo comunicato a Nicole, che invece non ha traccia di questa comunicazione.
Nicole sente di essere trascurata, non amata, è furiosa perché Andrè ha evitato di rimanere sola con lei: “continuava a non poter mai stare da sola con lui”. Simone de Beauvior ha una grande abilità nel descrivere il malinteso: ognuno dei due non si sente compreso dall’altro, vorrebbe comunicare e non vi riesce. La descrizione del malinteso è magistrale come sa bene chi ha esperienza di rapporti intensi di lungo corso, in cui ognuno attribuisce all’altro la responsabilità dell’incomprensione. Qui c’è un elemento particolare: quello del “triangolo edipico”, che emerge con potenza e con la particolarità di essere osservato da tutti i vertici, non solo da quello freudiano classico del figlio. E’ il tema della “terza persona” tra i coniugi, prima apparentemente innocua (“una terza persona fra loro non gli dava alcun fastidio”) e poi più evidente, anche se visto dal punto di vista femminile di Nicole, quando parla del figlio maschio lontano. Nicole vive male la presenza di Masha tra lei e André, ma dà per scontato la presenza del figlio Philippe. André replica: “Perché è mio figlio? e’ comunque un terzo fra noi”.
Il romanzo si chiude con un nuovo equilibro della coppia, che lascio alla curiosità del lettore, ma anticipo che il tema è la vecchiaia, quello dominante nella seconda stesura.