CASTIGLIONE DELLA PESCAIA – Le storie di fantasmi hanno percorso a lungo la mia fanciullezza. La paura di aver paura era il collante che teneva insieme fantasia e superstizione.
Di storie se ne raccontavano tante ma alcune avevano poi una conclusione che ci faceva ridere. Sì ma dopo, perché al momento in cui si raccontavano in giro, c’era veramente poco da ridere.
L’Ina Casa in via Mazzini era stata costruita proprio a ridosso del poggio che solo più avanti era stato in parte spianato per costruire ancora.
Durante l’edificazione si racconta che nello scavo fosse stato trovato un teschio o forse delle ossa. Fatto sta che o il teschio o le ossa erano state inglobate in uno dei muri portanti del palazzo.
La storia, vera o falsa, l’avevano raccontata proprio i muratori che erano stati impegnati nella costruzione.
La cosa era risaputa e vissuta con qualche timore, comunque celato, da parte dei condomini del palazzo. Alcuni facevano gli “gnorri”, altri ostentavano superiorità rispetto a queste “stupidaggini” ma tutti, in cuor loro, temevano che potesse accadere qualcosa da un momento all’altro e sopratutto coltivavano dentro la paura.
Nel palazzo al primo piano abitavano due famiglie dove un membro dell’una e uno dell’altra erano imbarcati sui motopescherecci. Le rispettive camere da letto erano divise da una parete e le testate del letto di ognuna erano appoggiate a quella parete.
I due avevano gli stessi orari per imbarcarsi la mattina presto e, per darsi la mano l’uno con l’altro, nel momento della sveglia avevano escogitato un metodo molto semplice.
Appena suonava la sveglia, alle due, due colpi forti contro il muro da parte di uno e altri due colpi sul muro da parte dell’altro per far sentire di aver capito. Erano gli sms di quell’epoca!
Quindi ogni notte alle due, due colpi e poi altri due colpi.
La sequenza non era passata inascoltata da parte degli altri condomini sempre sospettosi ed intimoriti dalla storia del teschio murato.
Si chiedevano con un po’ di timore cosa potessero significare quegli strani cadenzati “tic tic” che si ripetevano tutte le mattine sempre alla stessa ora, alle due.
Con il passare dei giorni e dei mesi il timore si trasformò in terrore, finché una coinquilina cominciò a chiedere agli altri se qualcuno si fosse divertito a fare quei segnali per ottenere chissà quali fini.
Le risposte furono negative anche da parte dei due pescatori che se la ridevano pensando alla storia del teschio murato nel palazzo.
Quando poi si accorsero che la cosa stava per degenerare con minacce di abbandono dello stabile o con la richiesta di un esorcista decisero di convocare a veglia tutti gli abitanti dello stabile e tra un bicchiere di vino e qualche castagna secca replicarono quello che facevano ogni notte.
Liberi dal terrore che li aveva attanagliati per lungo tempo e felici per aver “catturato” il fantasma scoppiarono tutti in una fragorosa risata.
Il fantasma in via Mazzini fu smascherato e non se ne parlò più fino a quando in un appartamento del piano terra cominciò a sollevarsi il pavimento della camera.
Ogni giorno sempre di più fino a quando furono chiamati i muratori per togliere l’impiantito e verificare cosa potesse essere successo.
Il teschio murato aveva colpito ancora.
Sotto il pavimento fu trovato un olivo tutto bianco che alla ricerca della luce, crescendo, era riuscito a far sollevare il pavimento.
La spiegazione era chiara ed evidente ma per i sostenitori del teschio murato era un nuovo segnale della strana presenza.
Il fantasma d via Mazzini era ancora lì.