JOSE’ SARAMAGO
“OGGETTO QUASI”
EINAUDI, TORINO, (1978, 1984) 2007, pp. 122
Chiudiamo la stagione 2021-2022 di recensioni, prima della pausa d’agosto, con un libro di uno degli autori che amo di più. “Pergamena” ritorna a settembre senza grandi speranze che la guerra sia finita, anzi in questi giorni sembra avvitarsi ulteriormente. La guerra, purtroppo, non prende le ferie.
Oggetto quasi è una raccolta di sei racconti, uscito subito dopo la “rivoluzione del garofani” (1974), che depose il dittatore fascista Salazar e portò la democrazia in Portogallo. Precedentemente l’autore, comunista iscritto al Partico Comunista Portoghese clandestino, era schedato dalla censura di regime per gli articoli che scriveva e di lui erano note solo le poesie.
Nei sei racconti si trovano temi, come quello della scomparsa della morte (“Riflusso”), che poi troveranno una versione più radicale nelle opere successive ( “Le intermittenze della morte”, 2005). Il modo è quello allegorico, che sarà una caratteristica del Saramago maturo, anche se lo stile non è ancora il suo: ad esempio i dialoghi rispondono ancora all’interpunzione tradizionale, per quanto siano poco rappresentati.
Mi sembrò quando lo lessi la prima volta “uno dei libri più strani dell’autore, in cui si fa fatica ad entrare dentro, in cui le cose si ribellano alla razionalità oggettivante degli umani e fedeli all’indicazione di Marx ed Engels, citata in esergo, contribuiscono alla liberazione dell’uomo”. La citazione recita: “Se l’uomo è formato dalle circostanze, è necessario formare le circostanze umanamente” ( da “La sacra famiglia”, 1844).
Il contenuto è icasticamente riassunto dalla citazione di Saramago, riportata in quarta di copertina: “Un dittatore cade da una sedia, gli arabi smettono di vendere petrolio, il morto è il miglior amico del vivo, le cose non sono quello che sembrano, quando vedi un centauro credi ai tuoi occhi, se una rana ti prende in giro attraversa il fiume. Tutti sono oggetti. Quasi”. Come a dire la realtà oggettiva esiste solo in rapporto con l’uomo che la osserva, anche se esisteva prima di lui.
Il primo racconto “Sedia” racconta di un sedia che fa cadere il proprio occupante al rallentatore: è un’ironica rappresentazione della morte di Salazar, che appunto morì cadendo dalla sua seggiola, a cui stava incollato (una vendetta del potere a cui dedicò la vita intera).
Il secondo racconto “Embargo” racconta di un’auto che per ribellarsi all’embargo del petrolio, imposto ai produttori arabi, imprigiona fino alla morte il proprietario.
Il terzo “Riflusso”, già citato, uno dei più esilaranti, racconta di un re che impone di portare tutti i morti in un unico cimitero, posto al centro geometrico della rete viaria del paese, pur di non essere rattristato dalla visione della morte. Alla fine i morti tracimano e il re stesso si rassegna a morire in aperta campagna. “La regal politica sanitaria, per quanto eccellente fosse, non era certo in grado di concedere l’immortalità”.
Il quanto racconto, “Cose”, narra di una serie di incidenti che le cose determinano ribellandosi. Saramago si inventa una locuzione profetica, che diventerà tristemente famosa in seguito: “i cittadini utenti”, la cui unica forma di libertà concessa è il “reclamo”.
La vita si prende la rivincita dall’assurda razionalità dominante, che vuol far scomparire la morte e ridurre tutti alla cieca obbedienza. La vita sia ferina che umana ben rappresentata dalla figura mitica del Centauro (metà uomo e metà cavallo), che è il protagonista del quinto racconto, si prende la sua rivincita. Il racconto dell’ultimo Centauro, sopravvissuto alla strage di Eracle, è struggente nella rappresentazione doppia del personaggio, condannato alla sterilità nell’accoppiamento con le cavalle che quando “copre” l’unica donna trova nella morte accidentale la propria natura umana: “Guardò il proprio corpo. Il sangue scorreva. Metà di un uomo. Un uomo…Era tempo di morire”.
Nell’ultimo breve racconto (“Rivincita”) un giovane adolescente, a fronte della castrazione “ammutolita” di un maiale, prende la propria rivincita attraversando il fiume nudo verso la giovane nuda che lo aspetta sull’altra riva.
E’ evidente che Saramago affida alla liberazione dell’eros un buon pezzo della liberazione degli umani in una interpretazione per così dire di sinistra del messaggio freudiano.