GROSSETO – “Subito un confronto, e si riduca la densità di ungulati. Meno burocrazia e più contenimenti”, così il direttore di Confagricoltura Grosseto, Paolo Rossi.
“La nostra provincia ha due Ambiti territoriali di caccia (ATC n. 6 zona nord e ATC n. 7 zona sud) – prosegue -. Tutto parte dalla nuova normativa (delibera 515/2021), che definisce le modalità di gestione degli interventi in contenimento e selezione e istituisce i CDS (centri di sosta), strutture organizzate dagli ATC con il compito di raccogliere le carcasse degli animali abbattuti, dopo essere stati eviscerati in campagna”.
“Questa norma – sostiene Rossi – ha disincentivato il cacciatore volontario abilitato agli interventi di contenimento obbligandolo a trasportare il capo abbattuto a proprie spese e cura al CDS, privandolo di fatto della disponibilità. Se l’obiettivo è quello di ridurre gli ungulati, perché un capo abbattuto in braccata può essere gestito dalla squadra e un capo abbattuto in contenimento deve essere gestito dall’ATC? Gli animali abbattuti devono restare a disposizione dell’agricoltore che ha subito il danno o in subordine al volontario abilitato che ha sostenuto le spese (carburante, attrezzature) per effettuare l’intervento di contenimento. Ciò deve valere anche per i titolari di aziende agricole che hanno i requisiti di legge per procedere agli abbattimenti”.
Rossi afferma che “nei territori non vocati devono essere definiti programmi annuali di abbattimento da parte delle ATC con l’obbligo di partecipazione delle squadre di caccia al cinghiale presenti sul territorio, definendo obiettivi che se non raggiunti per evidente negligenza determinano penalizzazioni per le squadre stesse”.
“A tal proposito – continua il direttore di Confagricoltura Grosseto – occorre ribadire che i soggetti abilitati all’esercizio dell’attività venatoria in squadra ancorché non muniti dei requisiti di cui all’art. 37 della L.R. 3/1994 sono a mio avviso equiparabili, vista l‘esperienza, la capacità organizzativa e la conoscenza del territorio e delle norme”.
Secondo il direttore di Confagricoltura Grosseto “la programmazione deriva dalla necessità di proteggere l’economia di un territorio e per questo occorre consapevolezza. La politica, gli strumenti di gestione del territorio, i cacciatori e gli agricoltori – prosegue – hanno il compito di difendere un territorio da un continuo e devastante danno alle produzioni agricole, perché l’immobilismo da un parte e l’opportunismo venatorio dall’altra costringono le imprese agricole ad abbandonare le attività. Nessuno pensi che non prendere decisioni impopolari sia il modo per risolvere le questioni, come pure mantenere l’elevato numero di ungulati dia continuità ad una attività sportiva. In questo modo, molto prima di quanto di pensi, tutto imploderà e resterà solo desolazione, orde di ungulati con al seguito lupi pericolosi e la chiusura delle imprese agricole. Quando si abbandona un territorio si aprono scenari ingestibili sotto l’aspetto economico e patrimoniale e le numerose comunità rurali presenti in maremma subirebbero un grave danno in termini di servizi”.
“La popolazione dei cinghiali, come segnalato da tempo dal mondo scientifico, è fuori controllo e la carenza di interventi non è più giustificabile. Inoltre il ritrovamento di questi animali affetti da peste suina africana in Piemonte, Liguria e Lazio, è un ulteriore elemento di preoccupazione e si aggiunge ai numerosi episodi che rendono necessarie azioni decisive e non semplici palliativi”.
“Si riduca la densità di ungulati – conclude Rossi – avendo cura di concentrare le forze sulle attività di contenimento e non sulla burocrazia accomodante e prona ad un sistema che da una parte dichiara il cambiamento e dall’altra ingessa tutto per lasciare le cose nello stato di fatto in cui si trovano”.