CASTIGLIONE DELLA PESCAIA – All’età di sette-otto anni si praticava una caccia che per fortuna poi è stata vietata.
Andavamo nella macchia adiacente alle case delle fontanelle, quella dietro la pensione Rossella e, ahimè, tendevamo le tagliole.
Non voglio però raccontare niente di questa orribile pratica bensì di ciò che utilizzavamo come esca: i gremignoli.
Nel ghetto c’era un personaggio noto per le sue capacità di barbiere con la pentola. Di questo signore, mi pare si chiamasse Giorgi, si diceva che usasse tagliare i capelli ponendo sul capo una pentola in modo da tagliare solo ciò che sporgeva.
Bene il Giorgi vendeva anche i gremignoli. Ne acquistai un po’ e poi, convinto che fosse la soluzione migliore, li riposi nella cantina in un fiasco con dentro della lana recuperata da qualche maglione dismesso senza preoccuparmi di chiuderlo.
In casa ovviamente non dissi niente e nei giorni successivi non mi preoccupai di controllare il “fiasco”.
Lo fece mamma quando andò nella cantina per recuperare delle bottiglie di pomodoro passato. Entrò ed uscì immediatamente urlando per la paura.
La cantina era invasa da quei bacherozzi bianchi che avevano colonizzato gli scaffali dove erano riposte le bottiglie con l’olio, il vino e i vasetti di carciofi sott’olio. Inoltre disse di aver visto uno strano animale che sembrava un topo enorme.
Ci vollero due giorni di lavoro per bonificare l’intera zona.
Io rimediai una punizione esemplare: “pulisci tutto fino a che anche l’ultimo bacherozzo non sia sparito e dopo in casa” e, confesso, mi andò bene visto il disastro che avevo provocato.
Fu in quell’occasione che mamma scoprì che custodivo a sua insaputa anche una donnola che avevo catturato nella macchia, e che ovviamente fu liberata.
“Non avrai mica portato in cantina qualche serpente eh!” Disse mamma obbligandomi ad entrare per recuperare i vasetti con i sott’olio.
La cantina rimase chiusa a chiave per lungo tempo.