GROSSETO – Una tradizione che ci riporta indietro nel tempo, fino all’epoca etrusca. Perché sì, l’acquacotta è un piatto maremmano cucinato da centinaia di anni. Una zuppa povera, fatta di pochi e semplici ingredienti, quelli prodotti direttamente dalla terra. Erbe e verdure venivano bollite e aggiunte a un soffritto di cipolla. In questa minestra, poi, veniva fatto ammorbidire il pane raffermo. La ricetta dell’acquacotta, di base realizzata con cipolla, sedano e pomodoro, è variabile, e cambia in base al periodo dell’anno: a seconda della stagione, sono utilizzati i fagioli, la cicoria o la bietola selvatica, le carote, il cavolo. Nel passato, in periodi più economicamente fortunati, si aggiungeva anche della carne o del pesce, così da renderla più gustosa e nutriente.
L’acquacotta era consumata principalmente dai butteri e i pastori che trascorrevano lunghi periodi lontano da casa. Qui raccoglievano i frutti dalla terra e se ne cibavano dopo averli cotti, anche per avere un pasto caldo dopo una giornata passata fuori al freddo. L’acquacotta era la pietanza ideale anche per sfamare un elevato numero di persone. Perfetta dunque in campagna, dove le famiglie erano povere e molto numerose. Ma l’acquacotta, e in generale le zuppe, è uno dei piatti più consumati dai minatori, di cui la Maremma era ricca, e da tutti i lavoratori che pranzavano fuori casa. Buonissima anche fredda, veniva preparata il giorno prima e messa nel tascapane per essere portata a lavoro il giorno successivo.
Tornando agli ingredienti principali del piatto, il pane deve essere rigorosamente toscano, senza sale. Nel passato il pane veniva preparato una volta alla settimana. Cotto nel forno a legna, era poi conservato nella “madia” della cucina. In pochi giorni, però, il pane seccava, diventando poco commestibile. Per questo le massaie lo utilizzavano in zuppe o minestre in inverno o per la panzanella in estate: una volta ammorbidito, tornava a essere una fonte di sostentamento perfetta. Per fare l’acquacotta, dunque, il pane deve essere “duro”: se non raffermo, deve essere abbrustolito, così da diventare bello croccante, in grado di ammorbidirsi una volta inzuppato.
Gli ingredienti della ricetta base dell’acquacotta, come detto, sono il sedano, le cipolle, il pomodoro (pelati o salsa o concentrato), il pane raffermo o abbrustolito, a cui si aggiungono l’olio, il sale, il parmigiano e, in epoca più recente, l’uovo. In campagna l’uovo era un ingrediente che veniva unito in cottura. L’uovo sopra l’acquacotta è “un’invenzione” moderna. Come detto, le famiglie contadine erano molto numerose. Dunque, non si poteva certo usare un uovo a testa per comporre il piatto. Le uova venivano utilizzate per la realizzazione di altri piatti, come la pasta fatta in casa, oppure venivano scambiati con altri ingredienti o venduti. L’acquacotta originale, quindi, non aveva le uova intere sopra ad ogni porzione, ma le conteneva sbattute nel brodo. Un modo, questo, per distribuirle equamente tra tutta la famiglia.
Ecco la ricetta di base dell’acquacotta maremmana.
Tagliate finemente le cipolle e il sedano, volendo anche le carote, e mettetele in un tegame abbastanza capiente a rosolare nell’olio extravergine di oliva. Quando la cipolla sarà ammorbidita, aggiungete il pomodoro (pelati, passata o concentrato) e l’acqua, così da realizzare il brodo di cottura. Poi unite il sale, volendo il peperoncino, e fate cuocere lentamente, fino a quando il sedano non risulterà ben cotto. Se il brodo si dovesse consumare troppo, aggiungete altra acqua. A cottura ultimata, aggiustate nuovamente di sale e aggiungete le uova sbattute con un po’ di parmigiano o pecorino. Dopo qualche minuto, togliete la zuppa dal fuoco. Tagliate il pane a fette sottili e disponetelo in una zuppiera, e versate sopra tutto il brodo con le verdure. La vostra acquacotta, secondo la ricetta della tradizione, è pronta per essere gustata.
Ancora oggi l’acquacotta è uno dei piatti principi della tradizione maremmana. Sempre presente nei menù dei ristoranti tipici, è la protagonista di molte sagre del territorio.