GROSSETO – Coldiretti legge i dati del rapporto Ispra. La Toscana tra le aree dove la probabilità di presenza del lupo è altissima. Gli allevatori di Grosseto e Siena i più colpiti dal fenomeno predazioni.
“Ora occorre salvare le centinaia di pecore e capre sbranate, mucche sgozzate e asinelli uccisi in Toscana dove la presenza del lupo si è moltiplicata negli ultimi anni con il ripetersi di stragi negli allevamenti che hanno costretto alla chiusura molte attività e all’abbandono della montagna”.
E’ quanto afferma la Coldiretti Toscana in riferimento al forte aumento della popolazione di lupi, stimata dall’Ispra nell’ambito del progetto Life WolfAlps EU intorno ai 3.300 esemplari di cui quasi 2.400 lungo nelle regioni della zona peninsulare con una probabilità di presenza molto elevata in Toscana dove ha colonizzato quasi la totalità degli ambienti idonei.
“I numeri sembrano confermare che il lupo ormai, non è più in pericolo e – sottolinea Coldiretti Toscana – impegnano le Istituzioni a definire un Piano nazionale che guardi a quello che hanno fatto altri Paesi UE come Francia e Svizzera per la difesa dal lupo degli agricoltori e degli animali allevati. Il rischio vero oggi è – denuncia Coldiretti Toscana – la scomparsa della presenza dell’uomo delle montagne e delle aree interne per l’abbandono di tantissime famiglie ma anche di tanti giovani che faticosamente sono tornati per ripristinare la biodiversità perduta con il recupero delle storiche razze italiane di mucche, capre e pecore”.
“Gli allevatori maremmani e senesi sono i più “colpiti” dalle predazioni secondo una recente rapporto. Due terzi delle predazioni denunciate e risarcite dalla Regione Toscana negli ultimi sei anni hanno riguardato allevamenti attivi in provincia di Grosseto e Siena. Sempre secondo un recente monitoraggio gli avvistamenti di lupi, canidi o ibridi, da quando è stato attivato il numero verde della Regione Toscana sono due al giorno”.
Il ritardo nell’affrontare il tema – precisa Coldiretti Toscana – pregiudica la soluzione del problema dopo che i risultati dell’indagine hanno fornito elementi utili ad una revisione delle politiche di conservazione. Serve responsabilità nella difesa degli allevamenti, dei pastori e allevatori che con coraggio continuano a presidiare le montagne e a garantire la bellezza del paesaggio. Senza i pascoli – conclude la principale organizzazione agricola reginale – le montagne muoiono, l’ambiente si degrada e frane e alluvioni minacciano le città.