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GROSSETO – «L’inchiesta su lavoro nero e caporalato che vede coinvolte tre aziende del settore agricolo che operano tra le provincie di Livorno e Grosseto impone una riflessione per il quadro che emerge dalle anticipazioni di stampa. Un business dello sfruttamento che ha coinvolto negli anni circa 800 persone, ridotte in schiavitù alla luce del sole, spesso quello estivo sopra i trentacinque gradi».
Così Nicola Menale, segretario SI Grosseto; Flavio Barile, responsabile agricoltura SI Grosseto e Andrea Martinelli, responsabile agricoltura SI Toscana.
«In un contesto internazionale – affermano – dove i valori democratici sono quotidianamente sventolati come barriera contro chi ha scelto la via della forza, dove la difesa dei diritti umani è la spinta che sostiene lo straordinario sforzo per l’accoglienza dei profughi, d’improvviso ci scopriamo ciechi e impreparati, incapaci di vedere come quei diritti siano quotidianamente calpestati sotto i nostri occhi, a due passi da noi, lunghe le strade che percorriamo ogni giorno nel tacito silenzio della distrazione e della convenienza».
«Un business dello sfruttamento che arriva nelle nostre tavole, magari con l’offerta della settimana. Centinaia di persone costrette a turni infiniti per venti venticinque euro al giorno, sottoposte a maltrattamenti e vessazioni. Tre società che , stando agli articoli di stampa, non hanno avuto difficoltà a pagare istantaneamente multe per un ammontare di quasi sei milioni di euro denotando una disponibilità di risorse ingente, data probabilmente dai molti anni di inumane condizioni lavorative imposte ai propri operai».
«Gli sviluppi dell’inchiesta – proseguono – faranno luce sul numero di persone coinvolte a vario titolo con l’augurio che non possano più nuocere ad altri esseri umani, ci interroghiamo però se non sia giunto il momento per cancellare la vergogna della schiavitù all’interno dei sistemi produttivi italiani».
«L’efficacia delle attuali norme non è deterrente sufficiente a contenere il fenomeno dello sfruttamento di esseri umani, crediamo quindi necessario innalzare le difese di quei valori democratici spesso richiamati per garantire a tutti il diritto al lavoro, ad un lavoro vero e garantito, acondizioni di vita degne delle democrazie occidentali. Arginare e isolare i fenomeni dello sfruttamento agendo sulla responsabilizzazione e il controllo delle forniture della grande distribuzione e punendo più duramente chi si rende autore della riduzione in schiavitù arrivando alla confisca di beni e terreni da reinserire nei processi produttivi legali attraverso vendite d’interesse perl’imprenditoria di settore o con l’assegnazione per la gestione alla numerose realtà sociali di cui è fortunatamente ricca l’Italia».