CASTIGLIONE DELLA PESCAIA – Adoro ovviamente il sole, ma la pioggia, quella fina fina, che bagna senza fare danni, è meravigliosa. Rinfresca l’aria, e le strade hanno quello strano odore che non si riesce a dargli un nome. Ci si ripara e nello stesso tempo ci si bagna.
Con questo caldo a cosa vuoi pensare?
Eppure quando in bicicletta, pedalando sotto il sole, andavamo in Pian di Rocca, alle due di pomeriggio, in agosto, non si sentiva niente
Allora vuol dire che in gioventù abbiamo un sistema di raffreddamento più efficace rispetto alla maturità?
Ma no, si sentiva il caldo, ma in Pian di Rocca, al podere di nonno, ci aspettava il cocomero “bussato “ da nonna Maria
E si pedalava in fila indiana senza tute attillate e scarpe tecno. Si pedalava in costume a torso nudo e con le infradito.
Niente borracce: con l’ultima bevuta alle Fontanelle e poi sei chilometri di pedalata.
A Riva del Sole si cominciava a vedere “la fata morgana”, prati verdi e ombrosi e fontane con acqua fresca e gassata. I più colpiti dal calore vedevano bottiglie di chinotto della Sanpieri tutte in fila, già stappate e con la cannuccia infilata nel collo.
Qualcuno più in sé diceva “via che siamo quasi a metà strada” anche se non era vero.
Poi il villaggio La Vela. Il cancello chiuso e nessuna possibilità di ristoro, ma un piccolo pezzo completamente all’ombra, e si respirava un po’.
E via ancora pedalando fino al Borghetto di Pian di Rocca, dove sotto il “pisciolino” d’acqua della Fontana a turno ci inondavamo la testa, felici di non aver preso un’insolazione è ormai prossimi alla meta.
L’ultimo tratto era il più duro, senza nemmeno un albero. Poi finalmente il cancello del podere, accolti dal’ abbaiare del Febo di turno, che ci faceva entrare scodinzolando e cercando qualche carezza su quel pelo ruvido.
Nonna Maria attivava la pompa a mano del pozzo riempiendo secchi di metallo che fino a poco tempo prima erano stati forse contenitori di marmellate o di acciughe, e ci rinfrescavamo nell’aia, scaricando l’acqua in testa e bagnandoci tutto il corpo, in attesa di poter mangiare il cocomero.
Poi arrivava zio Bobis con i cocomeri sulla carriola. Erano cocomeri tondi, verde scuro, quasi neri, di grandi dimensioni, ma molto più piccoli degli attuali cocomeri americani oblunghi.
Nonna li bussava uno per uno, più volte, e rivolgendosi a me sentenziava “questi due sono i migliori cocco”.
Li apriva con un grosso coltello, si asciugava le mani sul grembiule, e finalmente appariva quel rosso succulento, oggetto del desiderio, rosso con i puntini neri dei numerosi semi a contrasto.
Il sapore era speciale, erano dolci e compatti perché nonna li sapeva bussare bene!
Il ritorno avveniva con il sole già basso e meno cocente, non prima di averne mangiata l’ennesima fetta.
Bastava una fermata “tecnica”, per smaltire tutta quell’acqua ingurgitata, ed eravamo di nuovo a Castiglione felici.