ARCIDOSSO – “Il bifolco che diventò poeta”. Così lo definisce Girolamo Tiraboschi, storico della letteratura italiana, nella sua Storia della letteratura italiana (1780). Stiamo parlando di Gian Domenico Peri, il “poeta contadino” che nacque ad Arcidosso nel 1564, dove morì nel 1639.
Racconta ancora Tiraboschi:
Dai suoi genitori, benché bifolchi (guardiani di buoi), mandato il fanciullo Gian Domenico a una vicina terra alla Scuola di un pedante (precettore), un giorno ch’ei vide un suo condiscepolo posto dal Maestro sulle spalle di un altro, e crudelmente battuto, e sì udì minacciare lo stesso poco onorevol castigo, prese in tal orrore il Maestro e la Scuola che, tornato a casa, presi segretamente alcuni tozzi di pane, se ne fuggì, e per tre anni andò aggirandosi per solitarie montagne in compagnia delle bestie e de’ loro pastori”.
Un dì questi, che doveva esser uomo dotto, perché sapeva leggere, godeva talvolta di portare seco (con sé) l’Ariosto e di farne udir qualche tratto ai suoi colleghi. Il Peri provava a quella lettura incredibil piacere, e più ancora all’udir che fece talvolta la Gerusalemme del Tasso”.
Frattanto, trovato da suo padre, fu ricondotto a casa, e allora che sarebbe stato opportuno mandarlo alla Scuola, fu destinato ad aver cura dei buoi. Ma mentre questi fendevano solchi, il Peri, provvedutosi ingegnosamente de’ mezzi a scrivere, faceva versi, e di nascosto scriveagli.
Il talento del Peri non poeta sta lungamente nascosto. Cominciò a comporre Drammi Pastorali, e godeva di recitargli egli stesso co’ suoi compagni; e ognuno può immaginare quanto quel teatro fosse magnifico. Si accinse poscia a scriver Poemi.
Intorno al 1600, Gian Domenico Peri terminò la stesura della sua prima vera opera letteraria, Il Caos ovvero la guerra elementale, un poema sacro in ottave diviso in cinque canti dedicato a Iacopo Corsi, noto musicista fiorentino. Il poema tratta della creazione divina del mondo che Peri elabora riscrivendo e ampliando il racconto biblico. L’originalità del “poeta contadino” sta nella creazione di numerose descrizioni naturalistiche in ottava, come quella delle perle, della porpora e del corallo, delle digressioni sull’origine della pioggia, del ghiaccio e della neve, o delle panoramiche sul caos degli elementi che si agitano nel vuoto.
Prosecuzione ideale del Caos è un altro poema d’ispirazione biblica, il Mondo desolato, che Peri compose tra il 1600 e il 1619, ma che fu pubblicato soltanto nel 1637 e dedicato a Mario Sforza, conte di Santa Fiora.
A Firenze, ospite di Corsi, Peri entrò in contatto con i letterati e i musicisti legati alla Camerata de’ Bardi, soprattutto Ottavio Rinuccini e Iacopo Peri, assistendo ad alcune rappresentazioni musicali. Nel 1607 Peri sposò Artemisia, donna di ignota estrazione, dalla quale ebbe cinque figli.
Fattosi conoscere – continua Tiraboschi –, il Peri fu quasi a forza tratto a Firenze, e da Giambattista Strozzi nel suo abito contadinesco presentato al Gran Duca (Cosimo II), il quale si prese meraviglioso trastullo della semplicità insieme e del talento di quel rozzo bifolco.
Ed è proprio Giovan Battista Strozzi il Giovane che, in occasione di un soggiorno fiesolano, gli suggerì il tema per un poema eroico sulla fondazione di Firenze, la Fiesole distrutta.
Durante il periodo fiorentino Galileo Galilei si interessò alle composizioni poetiche di Gian Domenico Peri, come si evince da una lettera di Giovanni Ciampoli, presbitero e umanista, allo scienziato toscano del 24 luglio 1610.
Pochi mesi più tardi, tornato ad Arcidosso in occasione del passaggio nel paese di Cosimo II (26 ottobre 1612), Peri stese una descrizione delle celebrazioni e delle feste che seguirono la parata: Breve descrizione delle poetiche invenzioni rappresentate alla regale presenza de’ Serenissimi di Toscana in Arcidosso.
A questi anni risale la stesura di alcuni drammi sacri, rimasti inediti e dedicati a esponenti della famiglia Medici: l’Adamo cacciato dal Paradiso, la Maddalena convertita e La guerra angelica. L’attività di autore teatrale comprende anche la realizzazione di due drammi pastorali e Il Siringo.
Nel 1619 vide la luce Fiesole distrutta. Suddiviso in venti canti, il poema racconta l’assedio di Fiesole, distrutta nel 90 a.C. dall’esercito romano guidato da Marco Porcio Catone.
Tra il 1620 e il 1621 Peri tornò a Firenze e per la morte di Cosimo II, nel 1621, compose un un canto funebre dal titolo Tempio mediceo, formato da ventitré componimenti tra sonetti e canzoni nel quale immagina che la celebrazione delle esequie avvenga in un sereno scenario campestre, tra i boschi del monte Amiata.
Grazie a monsignor Ciampoli andò a Roma pochi anni dopo l’elezione a papa di Urbano VIII. Al nuovo pontefice Peri dedicò La rotta navale, un poema eroico, pubblicato postumo a Siena nel 1642, che ripropone in tredici canti un tema caro all’epica volgare, la celebre vittoria di Lepanto contro i Turchi nel 1571. A Roma Peri aderì all’Accademia degli Umoristi e visitò la tomba di Torquato Tasso nella chiesa di san Onofrio.
Tornato ad Arcidosso, compose Cronaca del paese di Arcidosso (1623), pubblicata postuma nel 1866.
Dedicò gli ultimi anni di vita alla composizione di testi poetici, tra cui una Gerusalemme distrutta, poema che aveva immaginato di dedicare a Ferdinando II de’ Medici, ma che non giunse alle stampe.
Gian Domenico Peri morì il 2 aprile 1639 ad Arcidosso, dove fu sepolto nella chiesa di Sant’Andrea.
Fonti: treccani.it.
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