GROSSETO – «Il vaccino attuale proteggerà sempre meno dalla nuove varianti di Covid, per questo sarà necessario un vaccino ingegnerizzato di seconda generazione». Ne è convinto Emanuele Montomoli virologo ricercatore e professore ordinario nel Dipartimento di medicina molecolare e dello sviluppo dell’Università di Siena, fondatore e Cso di VisMederi.
Montomoli ritene che il virus, essendo molto instabile, continuerà a mutare proprio come i virus influenzali. «Il virus cambia, e si generano continuamente meno varianti per questo la gente sarà sempre meno protetta dai vaccini di prima generazione, pensati per quel virus isolato nel 2019. Andare a favorire una quarta dose con questo tipo di vaccino lascia dunque il tempo che trova».
Quando invece arriverà il vaccino di seconda generazione sarà necessaria, in quel caso sì, una quarta dose «e probabilmente anche una quinta e una sesta. Una all’anno come avviene già per l’influenza che è molto simile».
Insomma, come già avviene proprio con l’influenza, ogni anno servirà un vaccino che sia adatto al tipo di variante che avremo in quel momento. Secondo Montomoli in futuro, probabilmente, si farà in unica dose, un vaccino combinato anti covid e influenzale.
Per quanto riguarda la letalità del virus «Non ci sono elementi che al momento ci portino a pensare che le prossime varianti saranno virulente come la prima e seconda ondata. Anche perché la quantità di persone vaccinate è molto ampia, e questo mitiga gli effetti della malattia oltre ad una eventuale recrudescenza del virus stesso».
«I casi che ancora abbiamo dipendono dal fatto che il vaccino non copre completamente contro l’infezione, ma solo contro i suoi effetti più gravi».
Rispetto a chi sostiene che questo ceppo sia meno aggressivo di quello che è arrivato all’inizio il virologo precisa: «È difficile ipotizzare cosa sarebbe successo se non avessimo avuto un ombrello così ampio di protezione creato dal vaccino. Io credo che, se siamo quasi fuori dalla pandemia, dipende proprio dalla grande diffusione dei vaccini».
«Tutte le azienda farmaceutiche stanno lavorando su vaccini di seconda generazione. Chi ha fatto vaccini Mrna continuerà a fare questo tipo di vaccini, chi ha fatto i proteici farà i proteici di seconda generazione. Anche se io credo che per chi è contrario il tipo di vaccino non conta. Chi esita troverà sempre una scusa per non farlo».
Anche rispetto alle mascherine Montomoli spiega «Sono state utili in un primo momento, quando non avevamo altro per proteggerci, ormai grazie alla buona stagione e al fatto che trascorriamo più tempo all’aperto servono a poco».
Secondo il ricercatore è difficile fare previsioni al momento, «Lo scenario è ancora molto aperto, ma a settembre ottobre avremo le idee più chiare». Il suo augurio è che il vaccino per le nuove varianti non tardi «perché i vaccini di prima generazione ormai hanno un’azione protettiva relativa». Il rischio che si stia lavorando su un vaccino che potrebbe essere già obsoleto tra qualche mese secondo Montomoli non c’è «anche con l’influenza mettiamo a punto un vaccino su formulazione che ci viene data dall’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) a febbraio-marzo per un ceppo che si presenterà ad ottobre novembre».
Per quanto riguarda l’ipotesi che il virus sia sempre meno aggressivo perché non avrebbe interesse ad uccidere l’organismo che lo ospita il professore afferma: «L’ipotesi è vera sino ad un certo punto. È vero che in teoria non ha interesse ad uccidere l’ospite è anche vero però che ci sono tanti virus che poi l’ospite lo uccidono».
Sul fatto che d’estate dovremmo avere meno casi invece conferma: «Andando verso la bella stagione la popolazione vive più all’aria aperta, i microrganismi si diluiscono molto di più e dovremmo avere una diffusione molto minore dello stesso microrganismo».