GROSSETO – Sono stati tutti assolti gli imputati del processo Lilt, la Lega italiana per la lotta ai tumori. Oggi il tribunale di Grosseto ha emesso la sentenza di assoluzione che mette la parola fine ad una vicenda giudiziaria che aveva visto, sul banco degli imputati, lo storico presidente Lilt Silvio Sarti, già medico dell’ospedale Misericordia, Grazia Bocelli, presidente dopo Sarti, e la volontaria Miriana Rosselli.
Per loro il Pm Salvatore Ferraro, aveva chiesto una condanna a due anni. I capi di imputazione a carico erano evasione dolosa delle imposte sui redditi, indebita percezione di erogazioni pubbliche e appropriazione indebita di denaro.
Le indagini erano partite da un esposto di un’altra volontaria. Secondo il piano accusatorio della Guardia di finanza che aveva svolto le indagini, quella della Lilt era una vera e proprio attività commerciale e quindi il pagamento delle tasse avrebbe dovuto avvenire al pare di tutte le altre attività di impresa. Questo il primo filone d’indagine. L’Agenzia delle entrate, però, chiamata a chiedere queste tasse non pagate era stata la prima a definire “non commerciali” i prezzi applicati per una visita specialistica, circa 20 euro, che era evidentemente un prezzo fatto proprio per promuovere la prevenzione.
Il secondo filone d’indagine scandagliava dove erano stati impiegati i soldi delle visite, soldi che, secondo le indagini, sarebbero finiti sui conti correnti dei tre imputati.
Gli avvocati, Romano Lombardi, Carlo Valle, e Michele Martini, hanno invece dimostrato che parte dei soldi veniva impiegata per il rimborso spese dei medici che effettuavano la prestazione specialistica, e parte per pagare macchinari all’avanguardia che costavano anche decine di migliaia di euro, macchinari che, in molti casi venivano pagati in contanti, con i soldi che venivano presi direttamente dalla cassaforte dell’associazione.
Per quanto riguarda invece i movimenti sui conti correnti dei tre imputati gli avvocati hanno dimostrato che si trattava di denaro di tuttaltra provenienza: libretti postali chiusi o versamenti che venivano da altri conti, magari cointestati. Insomma nulla che fosse riconducibile all’attività della Lilt.
«Ci abbiamo sempre creduto – ha detto l’avvocato Romano Lombardi, che faceva parte del collegio difensivo e che non ha voluto commentare la sentenza -. È una vittoria soprattutto per gli individui che vengono così riabilitati, anche pubblicamente».