MAGLIANO IN TOSCANA – Si chiamavano Mario Becucci, Antonio Brancati, Rino Ciattini, Alfiero Grazi, Alcide Mignarri, Corrado ed Emanuele Matteini, Attilio Sforzi, Alfonso Passannanti, Silvano Guidoni e Alvaro Minucci. Sono i Martiri d’Istia (dal nome del paese da cui provenivano), gli undici ragazzi che furono trucidati a Maiano Lavacchio, nel comune di Magliano in Toscana, dai fascisti.
Dieci di loro avevano 20 anni e poco più ed erano renitenti alla leva: non volevano arruolarsi nelle file della repubblica di Salò.
Erano disertori e si erano dati alla macchia per non combattere per i fascisti. Con loro anche un disertore della Wehrmacht, Günter Frichugsdorf, noto come “Gino” che però riuscì a sfuggire alla cattura.
Molti erano parenti tra loro (c’erano anche due fratelli) e furono protetti e aiutati a nascondersi dalla comunità delle campagne.
Quando la situazione divenne più difficile si rifugiarono in due capanne, a Monte Bottigli, e qui furono catturati e portati alla scuola di Maiano Lavacchio dove si svolse il processo farsa che condanno a morte i ragazzi senza neppure la possibilità di riabbracciare un’ultima volta i familiari. Era il 22 marzo del 1944.
Due fratelli, Emanuele e Corrado Matteini, lasciarono impresso sulla lavagna della scuola (conservata nella stanza del sindaco di Grosseto) il loro ultimo saluto “Mamma, Lele e Corrado un bacio”. Poi la fucilazione. La morte per giovani che non avevano mai imbracciato le armi e che volevano solo vivere in pace.
Uno di loro, Antonio Brancati, prima di morire scrisse una toccante lettera ai genitori “…Vi giuro di non aver commesso nessuna colpa se non quella di aver voluto più bene di costoro all’Italia, nostra amabile e martoriata Patria. Voi potete dire questo sempre a voce alta dinnanzi a tutti. Se muoio, muoio innocente…”.
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