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GROSSETO – «Non scegliamo noi di ammalarci, non è una cosa consapevole». Inizia così la lettera di Giorgia, grossetana. Una lettera scritta in vista del 15 marzo, giornata nazionale dei disturbi alimentari. «Una giornata che a me sta molto a cuore».
Non scegliamo noi di ammalarci, non è una cosa consapevole. Ancora oggi molte persone credono fermamente che soffrire di un disturbo del comportamento alimentare voglia dire “mancanza di attenzioni”; ma non è così.
Una persona con dei DCA (disturbi alimentari) non si rende neanche conto del guaio a cui va incontro, e tutto vuole fuorché sentirsi gli occhi addosso.
Non ci servono le attenzioni, o meglio… Non ci servono nel senso comune del termine.
Non ci serve che qualcuno di esterno ci dica che abbiamo un problema, quello lo sappiamo anche da soli, sebbene lo accantoniamo come pensiero.
Una persona con queste problematiche sa benissimo lo stato in cui è, solo che non ne vuole prendere coscienza finché non viene scossa; almeno questo è ciò che è successo a me.
Mi chiamo Giorgia e soffro di anoressia nervosa.
Non è facile da ammettere, perché dopo averne preso consapevolezza, rendersi conto del male che possiamo fare a noi stessi è disarmante.
Un DCA è un male che ti corrode dentro. Non hai neanche tempo di renderti conto perché ti porta via tutto: vita sociale, affetti, sentimenti, emozioni, la vita in generale.
L’unica cosa che ti rimane è il cibo… L’unico obbiettivo: sabotare il cibo.
Ma nel fare ciò, non realizziamo che in realtà stiamo sabotando noi stessi e chi ci sta intorno, perché non capisce cosa ci stia succedendo.
Ecco che ti ritrovi da sola, a lottare contro te stessa, che per quanto ti vuoi bene, ti odi con tutte le poche forze rimaste.
La fortuna non scontata di trovare persone competenti che ti possano aiutare e che piano piano, si incastrano in quello che è il tuo “fardello”, e ti aprano gli occhi, è fondamentale.
Da sola non riesci ad uscirne, perché il tuo problema sei tu stessa, come fai ad allontanare la causa del tuo male, se te lo auto infliggi?
Servono degli aiuti, servono dei professionisti e serve la famiglia in queste circostanze così tanto delicate e ancora, ahimè, così poco conosciute.
L’associazione Perle di Grosseto, in questo senso, fa un lavoro ottimo e futuristico per quella che è la mentalità di questa città.
Riesce a lavorare sulla persona interessata ma anche sulla famiglia e su tutto il contorto, trasformandosi in un posto felice.
Un posto dove sicuramente troverai chi ti può essere di aiuto, anche solo per parlare. E a me questo ha dato tanto, insieme al percorso fatto insieme al mio nutrizionista che, con il suo lavoro in punta di piedi, mi ha aperto piano piano gli occhi.
Vorrei che tutte le persone che leggono capissero che un disturbo alimentare non è una malattia “meno importante” di un’altra. È una malattia, ed in quanto tale deve essere trattata come si deve, attraverso percorsi, terapie, informazione e sensibilizzazione.
Chi si ammala di disturbi alimentari, inevitabilmente, intacca la propria vita e quella delle persone strette che ha intorno, per questo è importante che ci sia un’informazione generale, per fare prevenzione, per le famiglie, mettendole nella posizione di rendersi conto per tempo se qualcosa non funziona e per gli stessi professionisti che, con lo scorrere del tempo, si ritrovano sempre più spesso a fronteggiare questi problemi.
L’associazione Perle sta facendo un duro lavoro su questo, ed il mio augurio e speranza è che non passi inosservato, sia alle istituzioni, che agli occhi della gente comune.
Il nostro sportello di ascolto, sia dell’Associazione che il mio, rimane sempre aperto per poter discutere e parlare con serenità e serietà.
Siamo una squadra fortissima che mette il cuore in ogni passo che fa.
Non sei più sol*, non più.
Siate liberi di star bene, ve lo meritate.