PITIGLIANO – La Maremma è terra di storie e leggende. Tra queste, merita di essere raccontata la cruenta vicenda dei conti Orsini di Pitigliano: un evento che cambiò le sorti della contea, e che vide l’ascesa del famoso condottiero Niccolò III.
Ma procediamo con ordine. Siamo a Pitigliano, nella prima metà del ‘400. Il conte Aldobrandino II sposa Bartolomea Orsini da Tagliacozzo. Dal loro matrimonio nascono sei figli, tra cui Lodovico (primogenito), e Niccolò (secondogenito).
Niccolò si distingue subito per le sue doti di abile condottiero, combattendo prima nell’esercito papale nella guerra contro Viterbo (1459), poi al seguito del capitano di ventura Jacopo Piccinino.
All’età di 24 anni – siamo nel 1466 – è costretto a tornare a Pitigliano per un orrendo delitto che aveva colpito la sua famiglia. Era infatti stato ucciso suo fratello Lodovico. Ma perché? E da chi?
Per scoprirlo è necessario fare un passo indietro, di qualche anno, quando il padre di Niccolò, Aldobrandino, inizia a lasciarsi andare ad una vita di lussuria e dissolutezza. Orge quotidiane e azioni disoneste continue lo rendono sempre più inviso ai sudditi, nonché a tutto il parentado. Ed è in questo periodo scellerato che Aldobrandino si invaghisce di Penelope, figlia di suo zio Guido.
Dall’incesto tra cugini nasce un bambino, il cui nome è ignoto.
Penelope, mossa da sfrenata ambizione, decide di uccidere Lodovico, primogenito di Aldobrandino e fratello di Niccolò, che sarebbe succeduto al padre alla guida della Contea di Pitigliano. In questo modo, nel piano di Penelope, si sarebbe spianata la strada per suo figlio, visto che Niccolò era troppo impegnato a far guerre, il che poteva farle ben pensare che un giorno, non troppo lontano, le sarebbe arrivata la “bella” notizia della sua morte.
Così Penelope, all’insaputa di Aldobrandino, seduce un paggio di Lodovico e, promettendogli mari e monti, lo convince ad avvelenarlo.
Della morte di Lodovico vengono incolpati i senesi, acerrimi nemici degli Orsini, tre dei quali, in quei giorni, si trovavano a passare in Maremma.
Aldobrandino, furioso per la perdita del figlio, minaccia così la città del palio di rompere la tregua che avevano stipulato anni prima.
A quel punto il paggio, lacerato dai sensi di colpa e insoddisfatto dei vantaggi ottenuti da Penelope – assai inferiori rispetto alle promesse –, si allontana da Pitigliano e invia una lettera a Niccolò, nella quale confessa il suo delitto e spiega che la mandante dell’omicidio era l’amante di suo padre Aldobrandino. Così Niccolò abbandona l’esercito di Piccinino e torna a Pitigliano, dove uccide Penelope e suo figlio.
Dopo aver fatto luce sulla vicenda, Niccolò incita i pitiglianesi a ribellarsi a suo padre e a proclamare lui conte di Pitigliano.
Nel frattempo Aldobrandino si rifugia nella fortezza di Sorano, dove inizia una serie di scambi epistolari con le personalità più importanti del momento per ricevere aiuto nell’intento di riprendersi il suo feudo, ma nessuno è intenzionato ad appoggiarlo. Così rinuncia alla contea in favore del figlio Niccolò, che diventa sesto conte di Pitigliano. Aldobrandino morirà poco dopo lontano dalla Maremma.
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