GROSSETO – Era una vera a e propria palestra, con corsi fitness, e ricavi da attività commerciale: un milione di euro non dichiarato e 200mila euro di iva evasa. La guardia di finanza ha ricostruito l’attività di una presunta “associazione sportiva dilettantistica” nell’arco di 5 anni (tutti pre-covid).
Le fiamme gialle hanno effettuato una complessa indagine di polizia economico-finanziaria, anche con sviluppo di accertamenti bancari e invio di centinaia di questionari alle persone che risultavano “sulla carta” associate, ma con il mero consueto rilasciato di tessera affiliativa.
La maggior parte dei “presunti” soci ha ammesso di non aver mai in realtà rivestito questo ruolo e di non aver partecipato all’attività associativa come invece prevedono le norme. In concreto, quali “semplici clienti”, in effetti avevano fruito dei servizi offerti e delle possibilità di svago/divertimento/corsi fitness, in relazione ai quali avevano pagato il dovuto e senza nessun altro tipo di contatto o effettiva partecipazione alla sedicente “associazione”.
L’analisi dei flussi finanziari nei confronti della finta Asd, nonché di talune persone che ne ricoprivano cariche a vario titolo o comunque collegate, ha fatto emergere come, nel corso di 5 anni, tutti antecedenti al periodo covid (ossia tra il 2015 ed il 2019), sia stato incassato complessivamente poco più di un milione di euro (corrispondente essenzialmente alle false “quote associative”, in realtà veri e propri incassi e non contributi associativi), senza dichiarare nulla al fisco e senza che, in sede di contraddittorio, siano state fornite adeguate giustificazioni.
Dagli accertamenti svolti è quindi emerso come la finta associazione non abbia rispettato i requisiti previsti, perdendo la qualificazione di ente associativo (ed i relativi benefici fiscali) e inquadrandosi piuttosto quale vera e proprio società/impresa, con tutti gli obblighi contabili conseguenti.
In sostanza è stato fatto un uso distorto dello strumento associazionistico al solo fine di eludere il fisco e fare concorrenza sleale alle analoghe attività imprenditoriali che rispettano le norme, talché l’ente è stato riqualificato in soggetto esercente di fatto “un’attività d’impresa”, con conseguente rideterminazione della base imponibile ai fini Ires, Irap ed Iva. La sedicente “associazione” è risultata carente dei requisiti necessari per usufruire del regime fiscale agevolativo previsto dalla legge n. 398/91, accertata la sostanziale esclusione degli associati dalla vita associativa e dalla partecipazione alla volontà collettiva dell’ente.
In questo particolare periodo, ancora peraltro connotato da problematiche socio-economiche legate al Covid19, la Guardia di Finanza con simili servizi ha come principale obiettivo la tutela dell’economia legale, contrastando i fenomeni di illegalità economico-finanziaria maggiormente lesivi ed insidiosi, nonché proponendosi quale punto di riferimento in ordine alle iniziative volte alla tutela del sistema economico.
L’attività operativa, come nel caso di specie, è orientata in modo mirato e selettivo su soggetti caratterizzati da elevati/concreti profili di rischi e sugli illeciti tributari che più danneggiano gli interessi erariali e le regole della concorrenza e del mercato. In particolare, nel contesto del generale comparto delle “associazioni” si riscontra che alcuni pseudo circoli-enti no profit abusino della qualifica giuridica, dissimulando in realtà l’esercizio di attività d’impresa, al solo scopo di eludere l’ordinario regime di tassazione previsto, danneggiando in primis proprio i veri enti associativi meritevoli di rispetto e tutela, nonché l’imprenditoria sana.