CASTIGLIONE DELLA PESCAIA – Una pubblicità racconta che la preparazione di una festa è essa stessa la festa, o qualcosa del genere.
Condivido appieno il pensiero, mi basta tornare indietro alle “feste” tra ragazze e ragazzi negli anni sessanta/settanta.
Il primo problema era convincere le ragazze a venire in modo da garantire una femmina per ogni maschio. Solo in questo modo potevamo sperare di non ricevere all’infinito un rifiuto alla classica domanda “balli?”.
Se eravamo nel numero giusto anche solo per esclusione era garantito il pieno nella “pista” che a sua volta garantiva la possibilità di una “smorzatina alle luci” al momento giusto.
Giradischi, vinili, qualche manifesto, bicchieri, bibita comprata in bottega ed eravamo pronti, anzi prontissimi.
Era qualcosa di più intimo rispetto al ballo nei locali e poi anche chi era un po’ più piccolo di età si poteva tuffare nel meraviglioso mondo della conquista.
La preparazione di quelle feste era eccitantissima. Infatti non prevedeva solo la ricerca dei partecipanti ma anche del luogo che di volta in volta poteva essere un garage, una cantina e molto più raramente il salotto.
Poi l’allestimento. Si cercavano le lampadine colorate con le quali sostituivamo quelle normali per creare un po’ di atmosfera.
Alcune volte facevamo una cosa che a raccontarla fa venire i brividi: Costruivamo delle luci psichedeliche iper pericolose. Si trattava di collegare il giradischi ad un altoparlante aperto, cioè non incassato nel suo naturale contenitore, e poi con lametta, filo elettrico creavamo…
In pratica collegavamo l’impianto luci utilizzando tra la presa di corrente e le lampadine un ponte formato dall’altoparlante che riceveva o interrompeva il contatto elettrico con la vibrazione dell’altoparlante facendo o interrompendo il contatto con la lametta attaccata al filo. Insomma se uno toccava il marchingegno ci rimaneva secco.
Però era veramente di effetto vedere quelle luci che si accendevano e si spegnevano proprio al ritmo del motivo suonato dal giradischi.
Tutto però era finalizzato ad altro. E non bastavano luci accese o smorzate a calmare le pulsioni della gioventù. Lo scopo delle feste era si ballare, ma guancia a guancia, stretti stretti, mano nella mano e, se possibile, scambiandoci un bacio.
“Metti un lento dai, metti un lento” chiedeva insistentemente chi aveva avuto sentore di riuscire a ballare su una mattonella e che il momento poteva in un attimo cambiare.
Allora chi era vicino al giradischi inseriva sul piatto il disco giusto le luci si spegnevano come per magia e cominciava la “pomiciata comune”.
E si continuava a “ballare” senza capire chi fosse quello che cambiava il disco sul piatto.
Erano due ore di felicità!
Finita la festa, con le luci di nuovo accese, erano visibili i volti accaldati e i capelli arruffati delle ragazze e dei ragazzi con gli occhi lucidi per aver passato il pomeriggio al buio per poi ritrovarsi sotto la luce piena.
Ecco in quei casi la festa era più gratificante dell’attesa!