GROSSETO – Sono state depositate le motivazioni che hanno portato alla sentenza di appello che ha confermato le condanne contro le insegnanti dell’asilo nido Albero azzurro.
Il giudice della Corte di Appello di Firenze Paola Palasciano, ha ricostruito puntualmente la vicenda, confermano l’esistenza del “Metodo azzurriano”, messo in atto come metodo educativo, circostanza che le imputate avevano negato.
La sentenza, emessa il 21 settembre scorso, confermava le condanne per le educatrici: due anni per Azzurra Marzocchi e Manuela Seggiani, rispettivamente titolare e socia dell’Albero Azzurro. Un anno e mezzo invece la pena per Costanza Mori e Alessia Berti due maestre dello stesso asilo.
L’asilo fu chiuso dopo un’indagine che fece emergere un quadro di maltrattamenti nei confronti dei piccoli ospiti della struttura.
Secondo il giudice i bambini, tra i 12 e i 24 mesi, venivano strattonati e trascinati da una parte all’altra della struttura da alcune delle imputate, “facendoli cadere a terra bruscamente dall’alto. Spingendo loro la testa indietro per costringerli ad aprire la bocca per introdurre il cibo e tenerla chiusa con una mano per costringerli a mangiare”.
Inoltre a volte venivano puniti “con schiaffi sul viso e sulla testa se piangevano” o chiusi al buio nella stana del dormitorio in preda al pianto urlando e insultandoli.
Oltre alle immagini riprese all’interno dell’asilo nido il processo di è basato sulle dichiarazioni di due ex dipendenti, un’educatrice che parlava esplicitamente del “metodo azzurriano” inventato dalla titolare Azzurra Marzocchi e che prevedeva toni bruschi e autoritari con i bambini che facevano i capricci. Tanto che le educatrici che cercavano di calmare i bambini che piangevano coccolandoli venivano riprese.
Anche una ex cuoca riferiva del metodo imposto e applicato dalla titolare che imponeva il suo metodo correttivo.
Una delle educatrici durante l’interrogatorio aveva ammesso che la pratica per costringere i bambini a mangiare era usata al pari di quella di mettere i bambini in isolamento al buio. Quest’ultima pratica, secondo quanto detto da Alessia Marzocchi durante l’interrogatorio, era da ricondurre “ad un metodo educativo montessoriano”.
Ad avvalorare la teoria della presenza del “metodo” secondo il giudice un episodio ripreso dalle telecamere i 17 dicembre 2015: Marzocchi entra in una stanza. Undici bambini stanno giocando tranquillamente tra loro. Lei va da un bambino e gli toglie il gioco che ha in mano, dandogli dei colpetti dietro la nuca perché si è messo a piangere, poi fa lo stesso con altro bambino. Quindi ordina a tutti bambini di sedersi su un tappeto, impedendogli di giocare e imponendo di stare fermi e zitti con urla e modi bruschi. Senza nessun motivo plausibile l’educatrice è riuscita in poco tempo ad imporre a undici bambini impauriti di stare fermi e zitti per 20 minuti.
Episodio simile in un’altra ripresa, dove aggiungeva che “azzurra era molto cattiva e ancora non era niente”. Il giudice sottolinea così “l’effetto intimidatorio” della condotta non solo per i due bambini ma per tutti.
La corte d’appello, oltre a confermare la sentenza di primo grado, ha disposto per lo stesso numero di anni della condanna, l’interdizione dalla professione di educatrice. Di fatto inasprendo la sentenza.
È stato anche confermato il risarcimento del danno alle famiglie assistite dall’avvocato Alessandro Antichi e al Comune di Grosseto che si era costituito parte civile e che era assistito dall’avvocato Federica Ambrogi.