ROCCASTRADA – Il consigliere comunale di minoranza Mario Gambassi della lista Cambiare in Comune ha presentato un’interrogazione rivolta al sindaco di Roccastrada, Francesco Limatola, con la quale chiede se “l’amministrazione comunale ha già inviato le previste determinazioni ed anche le osservazioni ai sensi dell’articolo 25 della legge regionale 40/2009 in relazione alla costruzione di un mega impianto per la produzione di biometano in località Pian del Bonucci, nel Comune di Roccastrada”.
Il consigliere chiede inoltre di “conoscere se vi è stata ampia pubblicità di tali documenti, in che forma e con quali strumenti.
“Sono contrario alla costruzione di questo mega impianto per la produzione del biometano – dichiara Gambassi – perché, non solo la zona individuata è una zona agricola e non ci sono le condizioni per realizzare un impianto di natura industriale, ma anche perché è l’ora di finirla di costruire inutili ‘cattedrali nel deserto’ quando queste troppo spesso sono improduttive e dannose all’ambiente naturale dove vengono progettate”.
“Tali iniziative – prosegue -, ormai è un fatto acclarato, stanno in piedi solo ed esclusivamente grazie ai contributi pubblici, facendo pagare un caro prezzo alla popolazione, anche e soprattutto in termini ambientali. Molto probabilmente le materie prime dovranno essere portate anche da fuori provincia, perché non ci sono terreni limitrofi atti alla produzione di sorgo, triticale ed altre colture idonee, mentre quelli che lo sono già producono per impianti esistenti. Il prodotto che l’impianto produrrebbe è classificato come semilavorato e che pertanto dovrebbe poi essere presumibilmente raffinato in altro loco e quindi il consigliere si chiede: dov’è la convenienza economica?”.
“Semmai ci fosse una convenienza – va avanti Gambassi -, questa sarebbe soltanto per pochissimi soggetti. Si parla del solito miraggio dei posti di lavoro per la popolazione locale quando è noto che per la conduzione di questi impianti vengono impiegate pochissime persone.
E’ l’ora di finirla con i miliardi di contributi che vengono assegnati ad organizzazioni che di fatto non sono aziende agricole, ma soggetti nati altrove e per intercettare esclusivamente il fiume di denaro pubblico che scorre nel paese. Almeno si assistesse a tante iniziative di piccole realtà contadine (che peraltro stanno chiudendo) che potrebbero con quei denari sostenere il duro ma nobile lavoro di lavorare la terra,
valorizzando la produzione locale! Invece per questi soggetti nulla si fa”.
“Anche il nuovo Piano di sviluppo rurale, così come i precedenti, schiaccia a terra la faccia dell’agricoltura contadina con il piede killer della
burocrazia istituzionale al servizio della élite della grande finanza sempre meno agricola, sempre più speculativa”, conclude.