CASTIGLIONE DELLA PESCAIA – Sono giunti in sella ai loro cavalli, con addosso mantelli e vesti dai colori e ricami che ricordavano l’oriente. Poi, tenendo in mano i loro scrigni con oro, incenso e mirra, hanno fatto ingresso nella chiesa di San Giovanni Battista, davvero gremita (molti fedeli sono dovuti restare fuori).
E’ così che a Castiglione della Pescaia si è celebrata l’Epifania, solennità che nel calendario cristiano ha la stella centralità del Natale. Si ricorda, infatti, la manifestazione di Dio, nel Bambino di Betlemme, agli uomini di ogni razza, popolo, nazione, rappresentata, appunto, dai tre sapienti d’oriente, cercatori di verità e di senso.
La parrocchia di Castiglione della Pescaia ha voluto rendere visibile quel momento, arricchendo la celebrazione eucaristica con la presenza-segno dei magi, che al termine della Messa, nel piazzale antistante, insieme al parroco don Paolo Gentili, hanno distribuito ai bambini e ragazzi un piccolo dono, in ricordo di quei doni che i tre sapienti portarono a Gesù.
Quindi, di nuovo in groppa ai loro cavalli, hanno percorso l’antico selciato del borgo medievale di Castiglione, passando davanti alla chiesina di Santa Maria del Giglio per concludere il loro breve itinerario – a motivo della pandemia – nel piazzale della chiesa di Santa Maria Goretti alle Paduline.
Alla celebrazione, animata dal coro parrocchiale che nell’occasione ha cantato dall’antica cantoria, era presente anche il sindaco Elena Nappi.
“La promessa che vogliamo fare davanti ai magi è: voi avete camminato tanto, vogliamo camminare anche noi. Anche noi vogliamo assomigliare a Dio”, ha detto don Paolo Gentili concludendo l’omelia. Una riflessione, quella del parroco di Castiglione, centrata sul bisogno di gioia e di luce che muove da sempre il cuore dell’umanità.
“Abbiamo avuto un dono speciale oggi – ha esordito – perché i magi ci rendono partecipi del loro viaggio. Anche noi vorremmo fare così, viaggiare: viaggiare col cuore, per andare a cercare una luce più grande nella nostra vita, qualcosa che le dia senso, che la trasformi. Quando c’è il buio non ci si vede nemmeno tra di noi non ci si può abbracciare – lo vediamo in questo tempo di pandemia quanto questo ci costi – e allora ci abbraccia Dio! Viene lui, col bambino di Betlemme, a farci sentire la sua tenerezza”.
“Parlare di gioia nel momento della pandemia, coi numeri che stanno risalendo mentre noi – nonostante, grazie a Dio, abbiamo in vaccini che ci stanno aiutando – continuiamo a sentirci deboli, fragili…è complicato – ha osservato – Eppure vuol dire che la gioia non è quella che noi pensavamo, ovvero assenza di problemi, di sofferenza, assenza di difficoltà. No, la gioia non è questa! Quel bambino ha sofferto, è stato scacciato, non ha avuto posto in una casa vera, ma ha dovuto nascere in una grotta dove ci dimoravano gli animali…allora vuol dire che la gioia è un po’ più difficile da scovare. Talvolta – ha aggiunto – abbiamo chiamato i magi, re, ma non sono re; sono degli studiosi del cielo ed è questo il punto: tutti noi possiamo diventare studiosi del cielo, guardare in alto, che vuol dire il luogo da cui viene la luce e per cui l’umanità risplende. Perché quando noi assomigliamo a Dio siamo proprio belli. Quando una persona ama anche il suo volto brilla, è più bello. Ed è allora che assomiglia a Dio”.