GROSSETO – «Quando un testimone ha raccontato la sorte della piccola Dayana, trascinata via dalla corrente con il padre, ci siamo dovuti fermare. La commozione era troppo forte» così Giovanni Puliatti, giudice del processo successivo al naufragio della Concordia ricorda i momenti più drammatici e commoventi delle udienze.
Puliatti ricorda il processo «La lettura del dispositivo durò 45 minuti. Con il collegio facemmo due sopralluoghi sulla nave una volta raddrizzata. Fu molto impressionante. Era gennaio-febbraio: la nave era ormai un relitto. Ricordo un freddo terribile e l’impressione drammatica dello sciabordio delle onde negli ambienti sotto il pelo dell’acqua».
Puliatti ha ancora vivo nella memoria il racconto di un testimone «Raccontava di come stava portando in salvo in cordata alcune persone, aiutato anche dal vicesindaco dell’Isola del Giglio che era arrivato con una imbarcazione. Quando ha finito la deposizione il Pm Navarro lo sollecita perché sembrava mancare una parte del racconto e allora come in un flash descrisse un’immagine, drammatica e dolorosa, che aveva accantonato. Quando gli fu chiesto se li avesse messi tutti in salvo si ricordò di chi non era riuscito a portare via, in particolare una bambina, che era scivolata dentro un corridoio della nave diventato ormai un pozzo dentro cui si lasciò cadere anche il padre dietro di lei per cercare di salvarla. Fu per tutti un momento di grande commozione».
Per quanto riguarda la sentenza Puliatti precisa: «È stata confermata integralmente in tutti i gradi, a parte qualche ritocco in parte civile. La pena edittale ha un minimo e un massimo. Nell’ambito di questa forbice ci si muove in fase di sentenza».
Per quanto riguarda Francesco Schettino afferma. «Non mi ha mai fatto pena, e del resto quando si giudica è necessario spogliarsi dei sentimenti. Non credo che sia mai stato un capro espiatorio, penso che questa sia sempre stata una polemica priva di fondamento. Non era l’unico protagonista di questa vicenda, ma non dimentichiamo che gli altri avevano chiuso la propria posizione processuale con dei patteggiamenti».