GROSSETO – Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 18/2021, ha definitivamente ribadito che le concessioni balneari devono essere messe a bando entro due anni, poiché l’estensione al 2033 stabilita dalla Legge 145/2018 concede di fatto una proroga automatica e generalizzata contraria al diritto europeo.
“La sentenza, nell’invalidare quanto stabilito dalla legge, prende quindi atto della assoluta impossibilità di attuare immediatamente quanto previsto dalla direttiva europea: «l’Adunanza plenaria, consapevole della portata nomofilattica della presente decisione, della necessità di assicurare alle Amministrazioni un ragionevole lasso di tempo per intraprendere sin d’ora le operazioni funzionali all’indizione di procedure di gara, nonché degli effetti ad ampio spettro che inevitabilmente deriveranno su una moltitudine di rapporti concessori, ritiene che tale intervallo temporale per l’operatività degli effetti della presente decisione possa essere congruamente individuato al 31 dicembre 2023». Dobbiamo però evidenziare che i giudici esprimono anche l’auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi di derivazione europea” affermano da Confartigianato.
“Partendo da questo presupposto e nella consapevolezza che la volontà politica di questo governo, che tollera una simile ingerenza, è certamente quella di ottemperare a quanto stabilito dall’Europa, Confartigianato ha deciso di scendere in campo per tutelare, nel rispetto delle direttive dell’Unione, una categoria strategica per la nostra economia. Mentre l’associazione opera a livello nazionale per proporre soluzioni accettabili, il presidente provinciale Giovanni Lamioni ha deciso di rivolgersi direttamente ai politici eletti da questo territorio per affiancare e supportare le iniziative centrali”.
“Con questo obiettivo ho voluto organizzare un incontro tecnico tra una rappresentanza di imprenditori balneari e i rappresentanti delle Istituzioni locali e regionali – ha spiegato il presidente dell’associazione Giovanni Lamioni – nell’auspicio che proprio da questo confronto si arrivi ad una decisone equa ed accettabile per tutti. Prima di entrare nel merito tecnico però voglio togliermi alcuni sassolini dalla scarpa. Tutelare il principio della libera concorrenza è sacrosanto, per questo rispettiamo la sentenza e la direttiva europea. Ma non possiamo ignorare l’altrettanto sacrosanto diritto all’esercizio dell’impresa che attualmente hanno i nostri concessionari. Purtroppo in questo momento è in corso una campagna denigratoria contro di loro, con la pubblicazione ossessiva di esempi eclatanti che rappresentano sicuramente delle eccezioni rispetto all’ordinaria realtà delle cose. Parlo della solita solfa riguardo ai concessionari che pagano poco di concessione rispetto alle tariffe che applicano. Ora basta! –puntualizza Lamioni – E’ chiaro a tutti che 30.000 concessioni e un fatturato di almeno dieci miliardi, senza considerare l’indotto, fanno gola ai soliti potenti e, guarda caso, diversi organi di stampa si limitano ad una parziale visione della questione, senza analizzare e valutare la realtà dei fatti nella loro complessità”.
Interviene anche il Segretario Generale di Confartigianato Mauro Ciani per chiarire: “In realtà, quando si parla di canone, bisogna conoscere bene come funziona esattamente il meccanismo. I Comuni hanno la responsabilità del Demanio Marittimo e devono gestire le concessioni e le spiagge libere. Gestire significa garantire la pulizia, la raccolta dei rifiuti ed i servizi di assistenza e salvamento. Per fare questo occorrono soldi e tali servizi vengono dunque delegati ai concessionari che li espletano prevalentemente a loro spese- spiega Ciani – Questi costi vanno a sommarsi alla TARI, all’IMU ed ai canoni. E sui canoni è sempre evidenziata solo la parte di competenza dello Stato, attraverso i comuni, e non l’imposta regionale che ciascun concessionario in realtà versa alla propria Regione”.
“In ogni caso i canoni non sono definiti dai Comuni, ma da una legge dello Stato, la 296/2006, sicuramente obsoleta e non adeguata alla continua evoluzione e allo sviluppo delle varie località turistiche e delle tariffe che vi vengono praticate. Ma non si può – aggiunge – dare la colpa ai concessionari, che peraltro non hanno mai manifestato contrarietà ad un riassetto dei canoni. E’ però importante sottolineare che i canoni fanno riferimento al sedime, cioè alla sabbia che lo Stato concede. Quello che ci sta sopra, l’azienda, è il frutto dell’imprenditore, del lavoro e dell’impegno di chi l’ha realizzata ed ha un suo valore, materiale ed immateriale, che va ben oltre il valore della sabbia che l’accoglie”.
La conclusione alla quale arriva Confartigianato Grosseto è quindi chiara. “La concorrenza deve essere garantita ed i concessionari non hanno paura delle evidenze pubbliche. La paura dei concessionari è che i poteri economici nascondano dietro a queste campagne comunicative una strategia di conquista di una delle ultime roccaforti dell’economia italiana, ormai terreno di caccia di tutti i potenti d’Europa e del mondo. Per cui è necessario chiarire, soprattutto all’opinione pubblica, che le aste potranno forse sostituire un gestore con un altro, ma non cambieranno né il numero né lo stato delle attuali concessioni. Ne’ si può pensare che sia tollerabile andare ad evidenza pubblica senza che sia tutelato il valore commerciale delle imprese che, loro malgrado vedranno loro sottratta la risorsa fondamentale che consente loro di operare. Inoltre, mettere a gara l’importo del canone concessorio porterà solo ad un aumento delle tariffe praticate e sarà un ulteriore elemento a favore delle infiltrazioni malavitose che avranno terreno facile dal momento che i loro immensi capitali provengono da attività illegali”.
“Infine una considerazione – affermano il presidente e il segretario -in molti luoghi, anche famosi, le concessioni balneari sono uno schiaffo all’ambiente ed ai diritti dei cittadini, ma non da noi. E non è certo colpa dei concessionari se le Amministrazioni non hanno tutelato il territorio e garantito il rispetto delle leggi. Se in passato vi è stata minore sensibilità per l’ambiente e una gran passione per le costruzioni ad alto impatto, oggi però non è questo l’obiettivo dei concessionari; le cose sono cambiate sia nei confronti dell’ambiente che nei confronti dell’accessibilità. E non sono cambiate per effetto delle norme UE, ma grazie alle scelte degli imprenditori e a un dialogo politico-istituzionale franco e costruttivo. Per questo – concludono Lamioni e Ciani – accettiamo le gare ad evidenza pubblica ma vogliamo delle garanzie che tutelino il valore commerciale delle imprese, il lavoro, la qualità e l’esperienza degli imprenditori e l’importanza di un’impresa turistica locale legata al territorio, ai suoi valori e al suo indotto. Infine non accettiamo di essere definiti usurpatori di un bene pubblico per arricchirci alle spalle degli altri. In Italia ci sono esempi eclatanti che troppe volte si dimenticano. I veri opportunisti sono quelli che si arricchiscono sfruttando i lavoratori, omettendo le più elementari norme di sicurezza, mettendo a repentaglio la vita altrui per risparmiare sulle manutenzioni, usando materie prime scadenti per guadagnare sulle opere pubbliche. E questi non sono sicuramente i balneari!”
Appello degli imprenditori balneari ai rappresentanti politici del territorio
La recente sentenza del Consiglio di Stato, oltre a presentare molti aspetti dubbi e molte criticità, ha comunque espresso una chiara invasione di campo da parte del potere giudiziario nei confronti di quello legislativo. Noi oggi, assieme a tutte le altre associazioni di categoria, chiediamo con forza alla politica di riappropriarsi delle proprie prerogative. Lo facciamo a Roma, tramite i nostri rappresentanti nazionali, ma vogliamo farlo anche qui, con i nostri politici del territorio.
I politici eletti localmente, alcuni anche a seguito di un percorso importante negli enti locali, conoscono esattamente l’importanza strategica che gli stabilimenti balneari rivestono nel nostro ambito turistico e, soprattutto, conoscono le capacità, l’impegno ed i risultati che gli imprenditori hanno messo in campo in tanti anni di lavoro.
Stiamo assistendo su molti media ad una pressante campagna di informazione che colpisce negativamente la categoria celebrando le evidenze pubbliche come la panacea di tutti i mali: maggiori canoni, più spazio per le spiagge libere, stabilimenti “green” per sostituire gli attuali, “spazziamo via una categoria di privilegiati che si è arricchita sfruttando un bene pubblico….”. Non possiamo non essere fermamente convinti che dietro a queste campagne di “informazione” si nascondano interessi importanti e magari anche gli appetiti illeciti di chi ha da investire denaro di dubbia provenienza. Trentamila imprese e quasi dieci miliardi all’anno di fatturato diretto non sono poca cosa! Ed il recente intervento ad un convegno del Comandante Provinciale della Guardia di Finanza ha fortemente evidenziato questo timore.
Non possiamo consentire che questa campagna di falsa informazione possa contagiare anche la politica, per questo siamo a chiedere l’aiuto dei nostri rappresentanti per comunicare in modo corretto ai loro colleghi eletti in aree non costiere chi sono realmente i balneari e cosa fanno per il turismo italiano.
Solo chi conosce il territorio sa quanto i nostri stabilimenti balneari siano una peculiarità tutta italiana e rappresentino un valore strategico per il nostro Paese, perfettamente in linea con le esigenze del mercato e le strategie turistiche dei vari ambiti. Le oltre 160 imprese che operano nella sola provincia di Grosseto sono un valore essenziale su cui si basa una fetta importante della nostra economia, alla stregua del patrimonio storico e culturale, del comparto agroalimentare e di molti altri settori strategici della ricerca e dell’industria.
Per questo è necessario valutare bene se effettivamente questo comparto possa rientrare appieno nei criteri definiti dalla direttiva “Bolkestein” e, qualora sia inevitabile doverla applicare così come è, non possiamo non definire in una legge quadro alcuni criteri a tutela degli interessi nazionali e dell’immenso ed importantissimo lavoro svolto negli anni dai nostri attuali concessionari. Se appare ormai evidente che sarà difficile evitare la procedura delle gare, deve essere altrettanto evidente che è prima necessario definire adeguati criteri generali da parte dello stato e delle regioni, affinché si eviti che i singoli comuni decidano in maniera caotica ed incoerente le regole del gioco, magari sospinti da interessi di parte difficili da arginare.
Il primo aspetto imprescindibile da considerare riguarda il valore commerciale dell’azienda. Se, a seguito di una gara ad evidenza pubblica il concessionario perde il presupposto essenziale per esercitare la sua attività, di fatto non può certo “regalare” la struttura, i beni, la clientela, l’avviamento commerciale…. E’ quindi necessario abrogare lo specifico divieto a ricevere un indennizzo che è attualmente sancito dal Codice della Navigazione e definire i criteri per valutare in modo equo il valore complessivo da rifondere al concessionario uscente, comprendendo in tale indennizzo tutti i mutui, i debiti, le fidejussioni e le altre forme debitorie eventualmente a carico del soggetto. In questo frangente è altresì indispensabile evitare che un eventuale incameramento delle strutture da parte dello Stato possa di fatto sottrarre il bene al legittimo proprietario, al quale verrebbe di conseguenza sottratta una componente essenziale della propria azienda.
Dovrà inoltre essere posta attenzione ai criteri di selezione dei soggetti ammissibili all’evidenza pubblica. I concorrenti dovranno dimostrare di avere competenze e capacità maturate in analoghe esperienze nel settore e presentare progetti di adeguato valore, compatibili con le strategie turistiche del territorio ed in linea con i criteri definiti da una norma nazionale e regionale. Sarà anche necessario definire una premialità per il concessionario uscente in base all’attività svolta ed alla sua durata, anche a seguito di subingresso in attività precedenti e si dovrà considerare la regolarità e correttezza nei pagamenti dei canoni pregressi. In ogni caso, poi, la durata delle concessioni dovrà essere ben definita e tenere conto dei tempi di ammortamento degli investimenti necessari in questa tipologia di attività.
Un altro aspetto importante riguarda la rideterminazione dei canoni. L’importo del canone non dovrà essere oggetto di offerte al rialzo che provocherebbero poi un indiscriminato aumento dei prezzi e favorirebbero eventuali impieghi di capitali di dubbia provenienza. Il canone dovrà essere determinato considerando il pregio dell’area, la tipologia di stabilimento e la prevedibile redditività e le tariffe dovranno essere periodicamente revisionate in funzione del reale sviluppo turistico e commerciale delle varie zone, anche tenendo conto degli altri costi sostenuti dal concessionario per il salvamento, la pulizia degli arenili e gli altri servizi offerti alla collettività.
Infine dovremo pensare ad una limitazione delle attività speculative che potrà basarsi su un tetto massimo di concessioni richiedibili, sulla forte incentivazione della gestione diretta e su una serie di verifiche e accertamenti che rendano difficile servirsi di prestanome.
Uno dei principali punti di forza del comparto, infatti, è proprio il fatto che è in prevalenza in mano a piccole imprese, la maggior parte a gestione familiare, che hanno avuto in questi anni la capacità di fidelizzare i clienti e di fornire un’offerta assolutamente ben differenziata nella qualità e nel prezzo, in grado di coprire le diverse esigenze e capacità di spesa della clientela.
E’ evidente per tutti che l’ingresso massivo di grandi gruppi, anche stranieri, oltre a generare degli standard di offerta più rigidi e uniformi, sottrarrebbe all’indotto economico locale una fetta enorme di reddito, spostando approvvigionamenti e spese di manutenzione lontano dal territorio.
Infine le nostre strategie turistiche, frutto di un grande lavoro a livello locale e regionale, sarebbero pesantemente condizionate da chi, invece di amare il proprio territorio e proporre scelte rispettose e sostenibili, frutto di una visione di lungo termine, punterebbe per logica aziendale solo al massimo profitto immediato e al rapido ritorno degli investimenti.