GROSSETO – “La data del 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, deve essere un’occasione per riflettere e agire. Nel nostro Paese, infatti, c’è tanto da lavorare: vanno cambiate le norme, che ancora permettono a chi agisce con violenza e uccide una donna di poter godere di una serie di attenuanti. Le denunce che riguardano azioni violente ai danni delle donne sono molte, ma rappresentano una piccola parte del fenomeno, e nonostante dati preoccupanti, niente cambia. Dobbiamo smettere di pensare che la violenza sulle donne sia un’emergenza perché, purtroppo, è un fenomeno che esiste da sempre e che viene alimentato anche da una cultura, figlia del patriarcato e di retaggi culturali, che tende a trovare giustificazioni e attenuanti agli aggressori. Dobbiamo promuovere un cambiamento e, come organizzazioni sindacali, dobbiamo farci promotrici di questo cambiamento, supportando le donne e le lavoratrici che subiscono violenza e che decidono di opporsi. La cultura del rispetto è il primo muro contro la violenza e va promossa sin dalla scuola dell’infanzia: perché, insieme alla famiglia, è il primo luogo in cui gli adulti di domani formano la propria coscienza. E poi nel resto del percorso scolastico dove c’è sempre più bisogno di parlare di educazione civica, di rispetto per sé e per gli altri”. Scrive Katiuscia Biliotti, segretario generale della Cisl di Grosseto.
“In Italia sempre più donne sono uccise dai propri compagni e questo è solo l’epilogo della violenza che viene esercitata nei confronti di tantissime donne, anche perché la violenza può essere di tanti tipi: sessuale, psicologica, economica, fisica, meccanismi di controllo, atti persecutori, matrimoni forzati, aborti forzati, mutilazioni degli organi genitali”.
“Dovremmo riflettere anche sulla cancellazione della legge sul delitto d’onore: cancellazione dal nostro ordinamento arrivata solo nel 1981 e dopo una lunga battaglia. E’ forse questo retaggio culturale che fa sì che in molte sentenze ai danni di uomini violenti si cerchino delle attenuanti?”
“Dobbiamo lavorare anche per dare supporto a chi la violenza l’ha subita e denunciata. Occorre reagire anche a certe credenze che noi donne abbiamo: le più comuni riguardano il non essere all’altezza, avere obiettivi, convinzioni e abitudini ridicole, non essere in grado di agire da sole. Per farlo è possibile rivolgersi a persone competenti, in grado di supportare la donna nel suo percorso di uscita dal meccanismo perverso della violenza. Solo parlando di questo, non voltandosi dall’altra parte, solo chiedendo riforme e normative per leggi giuste potremo superare questa piega che limita lo sviluppo della nostra società”.
“Come organizzazione sindacale abbiamo il dovere di sensibilizzare il più possibile l’opinione pubblica e cercare di invertire questa tendenza partendo dall’educazione dei nostri figli, dentro le famiglie che sono la base della nostra società; poi spetta alla scuola fare il passo successivo. Con lo scoppio della crisi sanitaria le chiamate ai centri antiviolenza sono aumentate del 20%, perché da una parte è cresciuta la rabbia e la violenza degli uomini e dall’altra è aumentata l’insicurezza economica delle donne, le più colpite da questa pandemia. Le parole e le ricorrenze non servono più, servono i fatti. I centri antiviolenza sono nati per aiutare le donne vittime di violenza: questi centri vanni sostenuti, serve un programma che coinvolga istituzioni, associazioni e amministrazioni locali per gestire e sostenere i centri antiviolenza, che fin qua si sono affidati solo alla grande generosità delle volontarie. Noi, come sindacato, ci batteremo per portare avanti con ogni mezzo e ogni forma di sostegno questa importantissima battaglia”.