GROSSETO – Sono passati trent’anni dalla morte di Fabrizio Bartolini, attaccante del Grosseto che ancora oggi detiene il record di reti fatte con la maglia biancorossa: ben 128. Se n’è andato il 6 novembre del 1991, lasciandoci in dono tantissime giocate e il ricordo di un uomo, prima ancora che giocatore, generoso e innamorato del pallone, della sua famiglia e della sua Grosseto. Sabato prossimo, quando il Grifone sarà impegnato in trasferta contro il Pontedera, saranno trent’anni precisi dalla sua scomparsa.
Orbetellano, classe 1924, Bartolini ha debuttato in serie C nel 1946/47 con la maglia biancorossa del Grosseto, dopo aver giocato con la casacca del suo Orbetello. Il suo idolo era Pelè, ma l’amore per Grosseto, e per il Grosseto, è sempre stato totale, e lo ha dimostrato anche al termine della carriera calcistica, quando è tornato a vestire i colori biancorossi in serie D per chiudere la sua esperienza nel mondo del calcio. Con la maglia del Grosseto, tra serie C, serie D e un anno di Promozione, ha giocato 169 partite segnando 128 reti.
“Ricordare Fabrizio Bartolini per noi – spiegano Mario e Simone Ceri, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’Us Grosseto – è un onore e un dovere, soprattutto perché oltre ad aver fatto la storia della nostra società ci ha lasciato anche un esempio concreto di generosità e caparbietà per le future generazioni. Bartolini, così come Zecchini, Palazzoli, Pucci e molti altri, sono e saranno sempre degli esempi di passione e amore per questo sport che vogliamo continuare a trasmettere ai bambini che indossano la maglia biancorossa”.
Un personaggio contraddistinto dalla grandissima generosità, sia dentro che fuori dal campo, come racconta il nipote Giorgio Bartolini. “Ricordo un torneo di calcio estivo, negli anni Settanta a Porto Ercole, in cui giocammo insieme nella stessa squadra. Lui aveva più di cinquant’anni, mentre io circa diciassette. Stavamo pareggiando 1-1 quando lui, con la sua solita classe, s’infila in area e conquista un rigore. Mi dette una pacca sulla spalla e mi lasciò calciare quel rigore. Io dagli undici metri calciai con forza, ma presi il palo. Mi si avvicinò e con una carezza mi incoraggiò. Poco dopo segnò il 2-1 e vincemmo la partita”.
Era innamorato di Grosseto e del suo Grosseto, che andava spesso a vedere anche dopo aver appeso al chiodo gli scarpini. “Una volta in Maremma venne la Juventus per un’amichevole e lui mi portò allo stadio. Eravamo negli anni Settanta; tra i bianconeri c’erano giocatori del calibro di Cuccureddu e Anastasi, mentre tra i biancorossi Zecchini e Palazzoli, tanto per citarne due. Lui mi portò negli spogliatoi a conoscere i giocatori e la società mi regalò anche una bellissima tuta del Grosseto”.
Quella per il calcio era una passione che Fabrizio si è sempre portato dietro. “Ricordo quando ero piccola era impossibile andare a fare una girata con lui – racconta la figlia, Fabrizia Bartolini – perché a ogni campetto, della chiesa o di periferia, si fermava e si metteva a guardare i ragazzini che giocavano. E il bello è che rimaneva a vedere tutta la partita. Quando babbo giocava nel Grosseto, mamma sperava sempre in un suo gol, altrimenti diventava difficile girare per la città per via delle tante persone che la fermavano per chiederle come mai Bartolini non avesse segnato.