GROSSETO – “Si fanno sentire pesantemente i contraccolpi dell’emergenza sanitaria e non solo sotto il profilo della salute ma anche per le conseguenze che questa sta avendo sul settore primario. Il lock down, la frenata degli scambi e dell’economica hanno innescato un cortocircuito che ha fatto schizzare in alto il prezzo delle materie prime”.
Enrico Rabazzi, direttore di Cia Grosseto, si fa portavoce dell’ultima tempesta che si è abbattuta sul mondo agricolo.
“Questo scenario dimostra chiaramente – afferma – che il Sistema Italia ha bisogno di un cambiamento che coinvolge tutti i protagonisti, ma in attesa che ciò avvenga gli organi di controllo e la politica devono immediatamente intervenire riequilibrando tutta la catena agricola e distributiva dando un valore congruo ad ogni passaggio. L’aumento ingiustificato di molte materie prime e la difficoltà nel reperirne altre, per l’ agricoltura saranno i motivi che, sommati ai danni causati prima da una forte ghiacciata e poi da una prolungata siccità, decreteranno la chiusura di molte aziende in Maremma. Anche in provincia di Grosseto infatti – precisa il direttore – la situazione è critica perché, anche se per qualche settore c’e stato un aumento del prezzo dei prodotti, questo viene vanificato dai costi di produzione”.
Oltre al petrolio, al gas e ai metalli Cia-Agricoltori Italiani evidenzia l’aumento dei concimi come il nitrato ammonico, salito a +65% (da 46 euro/qt a 85 euro/qt) e dell’urea aumentato del 55% (da 55 euro/qt a 88 euro/qt). Sostanze che sono, ovviamente, altrettanto importanti per la preparazione di gran parte dei terreni agricoli e per molte altre colture di stagione, fino a incidere su quantità e qualità del prodotto finale. Stesso discorso per il comparto zootecnico e allevatoriale. I rialzi su mais (+50%), soia (+80%) e mangimi in generale, rendono decisamente poco remunerativa la produzione di carne di qualità controllata, soprattutto dove ci sono contratti di filiera con le principali catene della Grande distribuzione. E ancora, i rincari fino al 50% su gasolio, energia e plastiche, oltre quelli sugli alimenti per gli animali, mettono ko gli allevatori di vacche da latte per i quali è già una sfida, la conquista di un aumento di almeno 5 cent al litro sul prezzo del latte.
“Molti rincari sono chiaramente speculativi – aggiunge il direttore –e vanno a ricadere sulle spalle dei consumatori e degli agricoltori. La bramosia, per certi aspetti anche legittima, nel voler recuperare quanto perso durante i mesi di lock down si è però trasformata in avidità che rischia di diventare un boomerang. Oggi gran parte delle aziende agricole e zootecniche sono al limite della sussistenza; il prossimo passo sarà la chiusura: Vale a questo punto ricordare che ogni volta che muore un’azienda agricola la sconfitta non è solo per l’imprenditore ma per tutto il territorio circostante. Una buona agricoltura, che garantisce un giusto reddito per sopravvivere, non solo presidia il territorio e l’ambiente ma è anche garanzia per la salute dell’animale e per la sicurezza alimentare. In questo periodo le nostre produzioni sono messe a rischio competitività con prodotti provenienti da altri paesi, dalla dubbia salubrità ma sicuramente a prezzi inferiori. Per questo alla politica locale e nazionale chiediamo delle risposte urgenti; gli organi di controllo ci sono, serve che si attivino immediatamente. Quando rivendichiamo un giusto ed equo reddito per chi lavora 7 giorni alla settimana, spesso in condizioni di disagio, intendiamo anche questo – conclude Enrico Rabazzi – che le istituzioni intervengano quando i prezzi delle materie prime registrano aumenti ingiustificati o, peggio, quando queste scarseggiano in attesa che i prezzi possano ulteriormente essere aumentati”.