ROMA – Il Senato blocca il ddl Zan. Sono stati 23 voti ad affossare il disegno di legge contro l’omotransfobia. Il Senato, a scrutinio segreto, ha votato a favore della “tagliola” (istituto che prevede il non passaggio all’esame degli articoli previsto dall’articolo 96 del Regolamento del Senato) proposta da Lega e Fratelli d’Italia, bloccando di fatto l’iter del testo, che dovrà obbligatoriamente tornare in commissione per essere ridiscussa dopo uno stop di almeno sei mesi.
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“La mia decisione, per quanto legittimo contestare, perché si tratta di interpretazione, ha delle solide fondamenta di carattere giuridico – così la presidente del Senato Elisabetta Casellati ha motivato in Aula la decisione di accogliere la richiesta di voto a scrutinio segreto sulla “tagliola” che prevede il non passaggio agli articoli al ddl Zan -. Io sono stata chiamata esclusivamente a giudicare sulla votazione segreta – spiega – che è una questione puramente giuridica, infatti ho citato il regolamento e i precedenti che mi hanno indotto alla concessione del voto a scrutinio segreto”.
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Nel corso della seduta, Casellati ha dovuto più volte richiamare i senatori, soprattutto i grillini, che hanno duramente contestato la scelta della presidente di Palazzo Madama di procedere con il voto segreto. Il centrosinistra, infatti, era sicuro di avere 149 voti, ma con il voto segreto due si sono astenuti e 16 senatori sono passati con il centrodestra. Quindi si è finiti 154 a 131, avverandosi il timore dell’opposizione.
“Chi per mesi, dopo l’approvazione alla Camera, ha seguito le sirene sovraniste che volevano affossare il ddl Zan è il responsabile del voto di oggi al Senato. È stato tradito un patto politico che voleva far fare al Paese un passo di civiltà. Le responsabilità sono chiare”, ha scritto sui social il promotore del ddl Alessandro Zan.
Amareggiati Pd e M5s. “Hanno voluto fermare il futuro. Hanno voluto riportare l’Italia indietro. Sì, oggi hanno vinto loro e i loro inguacchi, al Senato. Ma il Paese è da un’altra parte. E presto si vedrà. #DdlZan”, ha commentato su Facebook il segretario e deputato dem Enrico Letta.
“Sul #ddlZan registriamo un passaggio a vuoto su un percorso di civiltà e di contrasto a ogni forma di discriminazione e violenza per l’orientamento sessuale – scrive il capo del Movimento cinque stelle Giuseppe Conte -. Chi oggi gioisce per questo sabotaggio dovrebbe rendere conto al Paese che su questi temi ha già dimostrato di essere più avanti delle aule parlamentari”.
I primi effetti al voto che ha affossato il ddl sono stati le accuse di Italia Viva a Pd e M5s e le dimissioni di Elio Vito da responsabile del dipartimento Difesa e sicurezza di Forza Italia.
“Come era evidente, alla fine sono mancati i numeri – commenta la presidente e senatrice di Italia viva Teresa Bellanova -. Nonostante il voto compatto di Italia Viva, 23 franchi tiratori tra PD, LeU e M5S, affossano il #DdlZan. Vengono al pettine i nodi di chi a parole dichiarava di essere per la legge, mentre nei fatti era interessato unicamente al consenso. Oggi il Paese ha perso l’occasione di portare a casa una legge di civiltà”.
L’azzurro Elio Vito, come aveva già annunciato, ha lasciato il suo incarico di responsabile del dipartimento Difesa e sicurezza di Forza Italia, “dopo che è stato annunciato al Senato il nostro voto favorevole al non passaggio agli articoli del ddl Zan. La cronaca di questi mesi, è purtroppo piena di episodi di violenza ai danni di persone Lgbt, picchiati perché camminavano mano nella mano, si baciavano, portavano una borsa arcobaleno. Per questo se Fi dovesse votare il non passaggio agli articoli del ddl Zan, una legge che contrasta proprio odio, discriminazioni e violenze, a malincuore, ma per coerenza, non potrei più mantenere l’incarico affidatomi da Berlusconi”. Ha poi pubblicato su Twitter la sua lettera di dimissioni indirizzata al cavaliere.
La mia lettera di dimissioni al Presidente @berlusconi da responsabile del Dipartimento Difesa e sicurezza di @forza_italia, dopo che è stato annunciato al Senato il nostro voto favorevole al non passaggio agli articoli del #DDLZan? pic.twitter.com/IKRB4uQ8Sp
— Elio Vito ?????? (@elio_vito) October 27, 2021
Diverse le reazioni di Lega e Fratelli d’Italia. C’è chi esulta, come il senatore del Carroccio Simone Pillon, che della battaglia al ddl Zan ha fatto il suo vessillo. “#ddlZan bocciato al Senato. Per l’Italia ancora c’è speranza”, ha commentato. Ha poi postato un video messaggio per Fedez, che si era scagliato contro al senatore dal palco del Primo Maggio, per poi sfociare in un botta e risposta sui social che dura fino ad oggi: “Caro Fedez, da buon boomer riesco a risponderti solo qui su Facebook. Spero avrai la pazienza di ascoltare anche il mio punto di vista. A presto, e tante belle cose a te e alla tua splendida famiglia”.
“Punita l’arroganza di Letta – è il commento del leader leghista Matteo Salvini -. Ha rifiutato ogni dialogo e ogni proposta di cambiamento arrivate dalle famiglie, dalle associazioni, dal Papa e da esponenti del mondo LGBT e femminista. Risultato? DDL Zan bocciato, mesi e anni di discussioni inutili. Se si vuole ripartire da basi solide e condivise, togliendo dalla contesa i bambini, la libertà di educazione e la censura per chi ama e difende la famiglia, la Lega c’è”.
“Cala il sipario sul ddl Zan, una pessima proposta di legge che Fratelli d’Italia ha contrastato con coerenza e nel merito fin dall’inizio – è il commento della leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni -. Non abbiamo mai cambiato idea e lo abbiamo dimostrato oggi in Senato: siamo stati l’unico gruppo interamente presente e unito nel voto. È una vittoria che non appartiene solo a noi ma anche a tutte le realtà, le associazioni, le famiglie e i cittadini che in questi mesi si sono battuti ad ogni livello per denunciare follie, contraddizioni e aspetti negativi di una follia firmata Pd-Cinquestelle di cui l’Italia non aveva alcun bisogno. Patetiche le accuse di Letta, Conte e della sinistra: i primi ad aver affossato la legge sono i suoi stessi firmatari, Zan in testa, che in questa proposta hanno scritto e difeso fino alla fine norme e principi surreali (dal self-id al gender nelle scuole) che nulla avevano a che fare con la lotta alle discriminazioni”.