CASTIGLIONE DELLA PESCAIA – C’è stato un tempo in cui si sono “addomesticati” i nomi dei luoghi o delle cose per renderli, secondo chi portava avanti quelle iniziative, più moderni o più accettabili da parte della collettività.
Il primo su cui mi voglio soffermare è Il Capézzolo (accento sulla e) che ora si chiama Capezzòlo (accento sulla prima o) o addirittura Capezzuolo.
Il nome è rappresentato in maniera corretta da quello sperone di roccia con la punta eretta verso il mare, proprio con il capezzolo di un seno femminile; ma probabilmente non era gradito alla parte più “bacchettona” e “farisaica” degli “influencer”, tant’è che nel tempo, partendo dalle didascalie delle cartoline, l’accento fu spostato così da essiccarne il significato e cancellarne la similitudine.
Poi che dire dello scoglio della Troia di Punta Ala? Pareva brutto continuare a chiamare quello scoglio Troia e gli scoglietti i porcellini. Meglio isola dello Sparviero. E gli scoglietti? Li chiamiamo Sparvierini? Anche in questo caso il “politicaly correct” ha prevalso sulla realtà visiva. Ma vuoi mettere “vado ad attraccare dietro lo Sparviero” raffrontato con un più volgare “getto l’ancora dietro la Troia”.
E qui arrivo al Mulino a Vento, oggetto in questi giorni di particolare attenzione per quei movimenti di terra che fanno presagire nuove colate di cemento. Anche in questo caso, forse per rendere meno “cruento” ciò che inevitabilmente accadrà, si è provveduto ad esorcizzare lo scempio ribattezzando il rudere con la più rassicurante nomea di il Mulinaccio. Quell’accio messo in fondo al nome assolve contemporaneamente due funzioni, quella di classificarlo come cosa inutile e nello stesso tempo dare “glamour” ad un semplice Mulino, a vento appunto.
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