SELVENA – Un ecomostro che deturpa un ambiente incontaminato. È così che alcuni cittadini definiscono la struttura sorta anni fa tra la Rocca e il Morone “In un cuneo ai bordi della macchia ai confini con la riserva naturale del monte Penna e le terre di Uso Civico, sulla dorsale di sinistra del fiume Fiora” racconta Nedo Balocchi presidente degli Usi civici di Selvena.
Lì doveva nascere un impianto fotovoltaico con prospettive che dovevano potenziare la rete elettrica e creare impiego di manodopera. Poi, per vicende varie, i lavori si sono fermati, e la struttura è rimasta lì «come un intruso, a ridosso della Miniera del Morone e sotto il castello Aldobrandesco di Rocca Silvana».
«I possenti lavori in cemento armato, interrotti repentinamente, lasciando sul territorio il nostro “ecomostro”. Ferro e cemento, pietrisco: l’ennesima cattedrale nel deserto» continua Balocchi che chiede un intervento.
«Abbiamo dato incarico ad un avvocato di analizzare la questione e capire il da farsi – afferma il sindaco di Castell’Azzara Maurizio Coppi -. Intanto abbiamo chiesto di metterla in sicurezza perché così può essere pericolosa. Chi aveva progettato quella centrale ha fatto una proposta per un suo uso differente. Noi, quando il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani è stato sull’Amiata abbiamo consegnato a lui il progetto, visto che è qualcosa che riguarderebbe più la Regione che il Comune. Più in generale con la Regione stiamo collaborando strettamente anche in altri ambiti, e questo potrebbe essere uno di quelli».