IAN MCEWAN
“ESPIAZIONE”
EINAUDI, TORINO, 2002, pp. 388
A mio avviso è il libro migliore dell’autore di quelli che ho letto fino ad oggi, anche se è vecchio di venti anni. Il romanzo affronta di petto, anche se con qualche obliquità, un tema centrale della cultura occidentale giudaico-cristiana: la colpa e la conseguente espiazione, da cui il titolo. La struttura narrativa è doppia da più punti di vista: il romanzo è diviso in tre parti, tra loro asimmetriche, con uno stile realistico e oggettivo, finché nell’ultima parte, una sorta di epilogo post-scriptum, veniamo a sapere che Briony Tallis, ultima figlia di una coppia alto borghese, la bambina aspirante scrittrice, che è la protagonista della vicenda, ne è anche l’autrice. Le prime tre parti, infatti, sono siglate “BT, Londra 1999” e l’ultima è siglata “Londra, 1999” ed è scritta in prima persona.
Quindi c’è un narratore interno, che a sua volta è la protagonista, ma la narrazione procede in termini in larga misura oggettivi con il classico stile cristallino dell’autore, anche se vi è una grande abilità nel riferire i diversi punti di vista dei personaggi. Lo stile modernista alla Woolf è esplicitamente richiamato in una lettera di un editore relativa al racconto lungo che Briony gli ha inviato dal titolo significativo “Due figure vicino a una fontana”. Questa è una classica scena primaria, che precede quella sessualmente esplicita dell’amplesso in biblioteca.
La sera di un ritrovo nella villa di famiglia Briony ha 12 anni e si avvia verso l’adolescenza. Ha preparato un breve pezzo teatrale per il rientro a casa dell’amato fratello maggiore, Leon. Gli onori di casa saranno fatti dalla sorella di mezzo, Cecilia, appena rientrata da Cambridge, perché la madre, Ellen, sofferente di emicrania, è assente come il padre Jack, che è trattenuto al ministero. Egli è la figura, che con la sua presenza garantisce la stabilità familiare, ma si trattiene spesso fuori la notte per le sue relazioni adulterine, tollerate dalla moglie. La recita del dramma di Briony viene sabotata dalla cugina Lola, quindicenne ospite a casa Tallis insieme ai fratellini gemelli per sfuggire al divorzio conflittuale dei genitori. Briony contrariata vaga per il parco e sorprende la sorella Cecilia in uno strano gioco-litigio con Ronnie, il brillante figlio di una domestica dei Tallis, anche lui reduce da Cambridge dove è mantenuto agli studi dalla generosità di Jack. Presso la fontana del tritone Ronnie rompe il prezioso vaso cinese che Cecilia ha portato incautamente in giardino.
È evidente la metafora sessuale: la rottura del vaso corrisponde alla deflorazione che la sera avverrà in biblioteca. Briony assiste alla scena in cui cecilia si spoglia di fronte a Ronnie, si immerge nella fontana e quando ne emerge l’acqua evidenzia il triangolo scuro del suo pube. Briony non ha i mezzi per capire ed è sconvolta. Viene incaricata da Ronnie di portare a Cecilia una lettera in cui si dichiara, ma per errore è una copia con un esplicito riferimento alla “fica” di Cecilia. Briony legge la lettera vietata e ne esce ancora più sconvolta. Si confida con Lola, che bolla Ronnie come “maniaco”. Ella da bimba è stata innamorata di Ronnie, si convince di dover proteggere Cecilia da un maniaco. In questo stato d’animo sorprende il primo amplesso dei due innamorati in biblioteca, che è proprio il luogo da cui il padre, ora assente, “governa” la casa e la famiglia. A conferma delle sue fantasie di violenza sessuale, come accade nelle scene primarie la ragazzina vede quello che non doveva vedere e da qui scatta la sua colpa. Nella ricerca affannosa dei cugini gemelli, che nella notte sono scappati nel parco, a Briony sembra di vedere Ronnie che violenta Lola.
Con l’idea di difendere Cecilia e di fermare il maniaco Briony commette il suo crimine: far condannare un’innocente. Ronnie andrà in galera, creduto innocente solo dalla propria madre e da Cecilia, che mentre viene portato via dalla polizia gli confida il suo amore e la richiesta di tornare da lei. Dunque “il crimine”, punito per legge, nasconde la colpa peggiore di aver visto la scena primaria. Qui c’è una potente emersione dell’inconscio.
La seconda parte è la storia dell’espiazione della colpa di Ronnie, che è innocente del crimine, ma colpevole della violazione sessuale dell’amante. Ronnie è ferito a Dunquerk, in mezzo alla catastrofe generale della sconfitta inglese e della guerra. Egli a piedi arriva fin sulla spiaggia dove spera di trovare un imbarco per ritornare da Cecilia. Il suo destino è drammaticamente lasciato sospeso tra la vita e la morte. La terza parte è la storia dell’espiazione di Cecilia e soprattutto di Briony: prima l’una e poi l’altra scontano le proprie colpe assistendo i malati e i feriti di guerra. La colpa ha la potenza di una bomba che fa esplodere la famiglia Tallis: anche i genitori si separano e ritroveremo la loro villa trasformata nell’albergo dove avviene la festa del settantasettesimo compleanno di Briony, diventata una scrittrice affermata, ormai vecchia con davanti un destino di oblio per una demenza vascolare.
Dunque l’ultima parte contiene l’agnizione finale, che lascio alla curiosità del lettore e che è centrata sulla “doppiezza della narrazione”: “come può una scrittrice espiare le proprie colpe quando il suo potere assoluto di decidere dei destini altrui la rende simile a Dio?” nel libro che sta scrivendo. La chiusura sembra essere totalmente pessimista e molto moderna: “Non esiste nessuno, nessuna entità superiore a cui possa fare appello, per riconciliarsi, per ottenere il perdono”. Il finale, che a prima vista è un lieto fine, rimane anch’esso doppio drammaticamente aperto.
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